Le criptovalute vivono un momento difficile. Dai primi mesi del 2022 la capitalizzazione totale del mercato è scesa del 35%, con perdite per oltre 1400 miliardi di dollari e 4 mila posti di lavoro. È un fenomeno fisiologico o c’è qualcosa di più? «Secondo me passerà. Il mercato è volatile, si estende e si contrae. Lo stesso succede con l’azionario, sebbene con ampiezze diverse. Adesso è in ribasso soprattutto a causa di condizioni geopolitiche e macroeconomiche: inflazione galoppante, conflitto tra Russia e Ucraina, carenza di materie prime, crisi energetica», spiega Luca Boiardi, fondatore della community The Crypto Gateway e autore del libro edito da Hoepli Investire in Bitcoin e criptovalute. Lo studio dei fondamentali, le strategie d’investimento e i segreti della finanza decentralizzata. «Se decidi di investire devi sapere che Bitcoin durante i bear market di solito fa -85% dei massimi, quindi se il valore scende da 60.000 dollari a 10.000 fa parte del gioco. A marzo Bitcoin 2020 valeva 3.000 dollari, nel 2021 60.000. Era sicuro che avrebbe ritracciato», aggiunge Boiardi.
Quando torneremo in bull market (fase rialzista)?
«Spero presto. Per combattere l’inflazione le banche centrali aumentano i tassi e attuano politiche monetarie restrittive. Di conseguenza, i prezzi degli asset stanno sprofondando, mentre la moneta si rafforza. Finché queste cose non cambiano non ci sarà sicuramente un bull market perché di fatto il dollaro è visto come il bene rifugio attuale. Finché non smetteranno di essere così aggressivi con il rialzo dei tassi e il quantitative tapering, non si allenteranno le tensioni internazionali, ci saranno nuovi accordi per le materie prime è difficile che riparta il bull market».
Quali sono le opportunità e i rischi d’investimento delle crypto?
«C’è la moneta che mira a avere valore stabile, la stable coin, come Bitcoin o Ethereum. Bitcoin fa di decentralizzazione, immutabilità e sicurezza la sua forza. Il protocollo usato permette di transare valore in forma di BTC non censurabili. Nessuno può prenderne il controllo, decidere di stamparne altri, cambiare le politiche monetarie. Per questo molti lo vedono sempre più come un bene rifugio. C’è però molta strada da fare. Basta vedere la correlazione tra Bitcoin e mercati azionari, oro e dollaro per comprendere la grande volatilità e immaturità del mercato: non dimentichiamo che è nato nel 2009. La storia insegna però che le società spingono sempre più per l’adozione di queste forme rispetto alle monete intrinsecamente deboli come le fiat (a corso legale), che ogni anno valgono meno. Ogni epoca ha avuto la sua sound money. In passato c’era l’oro, prima ancora le pietre. Bitcoin è la capostipite, ma ci sono decine di migliaia di crypto, il 99,9% delle quali non ha valore. L’eccezione è rappresentata dalle monete virtuali con casi d’uso, diverse dai Bitcoin. Parlare del “nuovo Bitcoin” è solo retorica. Ethereum è la seconda più conosciuta: è un consumabile, permette di transare e eseguire applicazioni. Così sono nati la finanza decentralizzata, la tokenizzazione e gli NFT.
Poi ci sono gli utility token, che hanno un caso d’uso legato all’applicazione. Salendo nella piramide cresce la speculazione, perché spesso nascono e muoiono. Ci sono poi shitcoin, meme coin, tutte quelle crypto senza valore create solo per essere vendute. Bisogna capire dove risiede il vero valore, studiare settore e protocollo e limitarsi a questi asset, piuttosto che scommettere sulla gemma da 100X. Sono molto più alte le possibilità di rimanere con 0 anziché moltiplicare i ricavi».
Quali criptovalute non possono mancare nel portafoglio?
«Se vogliamo allocare piccole percentuali consiglio Bitcoin e Ethereum. Tendo a disincentivare la scoperta della crypto nascosta dalle grandi potenzialità, perché fondamentalmente solo gli insider lo possono fare. Tanto vale analizzare dove già c’è stato sviluppo e valore e allocare lì in ottica di investimento e non di scommessa. Ho fondato The Crypto Gateway allo scopo di diffondere genuinamente conoscenza su questo settore per capire dove risiede veramente il valore di questo mondo finanziario».
Un tema centrale del suo libro è come interagire con i protocolli di finanza decentralizzata (DeFi) per mettere a rendita le varie crypto.
«La prima cosa è capire come funziona la finanza decentralizzata, dove si generano i rendimenti, se sono sostenibili oppure no. Devi comprendere quindi il modello dello specifico protocollo (di prestito, di interscambio attraverso i trader) e capire se è sicuro, da quanto esiste, chi l’ha sviluppato, quanto capitale si muove sopra. Ti aiuta a dare un punteggio di rischio, che però non è mai 0. L’obiettivo è soppesare rischi e rendite. Tendenzialmente al rendimento più alto corrispondono rischi più alti. La sostenibilità dipende dalle condizioni di mercato, perché durante il bear market c’è meno domanda, quindi i rendimenti sono minori. L’importante è preservare il capitale che metto, depositandolo su una piattaforma sicura. È sconsigliabile comprare in basso per rivendere in alto, ha più senso fare piccoli acquisti dopo aver studiato se ne intuisce il valore nel lungo termine, e poi vedere nel corso degli anni come evolve senza esporsi sullo specifico prezzo».
Finanza tradizionale e finanza decentralizzata possono convivere?
«Senz’altro, la finanza decentralizzata è un’alternativa non censurabile, il regolatore può vietare protocolli ma non oscurarli. Si sta tentando di instaurare un rapporto più pacifico introducendo versioni con permission, antiriciclaggio in entrata, verifica dei movimenti. Le banche sono disposte a dare la possibilità ai propri clienti di investire in Defi, sapendo che altrimenti li perderanno».
Parliamo della sostenibilità, è un tasto dolente per le criptovalute?
«La retorica nata intorno alla sostenibilità è un vettore d’attacco alle criptovalute fine a se stesso. Penso a quando si dice che Bitcoin consuma più energia del Paraguay. Ogni industria sfrutta l’energia, la domanda è: ne vale la pena? Bitcoin consuma 250 TWh (terawattora) all’anno, lo 0,16 % dell’energia prodotta ogni anno. Il 56% viene da rinnovabili, percentuale in aumento ogni anno. Il Governatore del Texas dice che creare delle mining farm sul territorio potrebbe essere una soluzione per bilanciare domanda e offerta di energia. Quando la domanda è minore, dirotti l’energia in eccesso dalle nuovi centrali verso i miner, che la trasformano in valore. Quando ci sono i picchi la riporti alla città». ©