giovedì, 17 Ottobre 2024
Sommario

Le generazioni Y – i cosiddetti “Millennials” – e Z cambiano i modelli di consumo e risparmio, influenzando la natura dei prodotti, la redditività, il mondo del lavoro e dei consulenti. Entro il 2030 in Europa ci saranno circa 250 milioni di potenziali nuovi clienti appartenenti a queste due generazioni. I giovani investitori sono interessati a servizi e strumenti di investimento differenti da quelli attualmente disponibili, tanto che circa il 60% del patrimonio sarà investito in prodotti innovativi prima della fine del decennio. In Italia, complice la scarsa educazione finanziaria, solo il 18% delle nuove generazioni investe, senza considerare l’enorme vantaggio in termini di rendimenti derivante dall’iniziare subito. Il Bel Paese si colloca al tredicesimo posto su 20 per l’alfabetizzazione finanziaria degli studenti della scuola secondaria, in base alla ricerca PISA condotta dall’OCSE. «Questo è un dato preoccupante, considerando che l’istruzione è un elemento chiave per la stabilità economica», dice Vania Franceschelli, Presidente FECIF (Federazione Europea dei Consulenti e Intermediari finanziari). «Esiste, tra l’altro, una differenza significativa tra ragazzi e ragazze, con i primi che dimostrano una maggiore conoscenza in materia di educazione finanziaria». Un dato evidenziato bene dai punteggi, che fa dell’Italia uno dei tre soli Paesi OCSE su 20 in cui esiste una differenza significativa tra i due sessi in questo campo.

Che rapporto hanno i giovani italiani con la figura del consulente finanziario?

«Lo vedono in un’ottica positiva, specialmente nel caso in cui i loro genitori abbiano un professionista di fiducia. Se in famiglia si riconosce il valore aggiunto, i giovani tendono a seguire questa stessa strada, evitando di gestire autonomamente le proprie finanze. È interessante notare che solo tre millennials su dieci si avvalgono di questa figura professionale. Perciò c’è molto lavoro da fare per raggiungere i più giovani, che trarranno maggior beneficio dall’iniziare a risparmiare presto. Nei prossimi vent’anni, è previsto che un’enorme porzione di patrimonio passi dalla generazione attualmente più anziana a quella più giovane. Questo trasferimento generazionale di ricchezza è una delle ragioni per cui c’è grande richiesta di consulenza. Tuttavia, c’è anche la necessità di un passaggio generazionale all’interno della professione stessa. I consulenti senior devono guidare e formare i  più giovani, che erediteranno la loro clientela. Le banche già prendono provvedimenti per prepararsi a questo cambiamento. Si vedono sempre più spesso contratti di affiancamento tra figure senior e junior, con un graduale passaggio della clientela. Questo è un aspetto positivo, poiché i consulenti più giovani possono comunicare con i figli dei loro clienti usando un linguaggio più adatto. E questa è la ragione per cui c’è un bisogno crescente di nuove leve in questa professione».

I dati OCSE evidenziano una forte differenza nell’educazione finanziaria di maschi e femmine, fin da piccoli. Come si spiega?

«Perché è una società ancora di stampo patriarcale. I ragazzi sembrano più propensi a guadagnare e gestire i propri soldi, mentre le ragazze tendono a spendere senza capire appieno il valore di pianificare e risparmiare. Questa differenza può essere attribuita agli esempi di ruoli di genere che vedono in famiglia. Il divario nella comprensione del denaro tende a essere colmato con un livello di istruzione superiore, ed è per questo che è fondamentale incoraggiare un numero maggiore di ragazze a laurearsi, ad esempio in materie STEM. I ragazzi cercano informazioni attivamente, consultando riviste, programmi TV, radio e amici, mentre le ragazze tendono a rivolgersi a genitori e docenti, evidenziando un approccio più passivo. Per affrontare il problema, è necessario promuovere l’educazione finanziaria fin dalla giovane età, attraverso corsi ad hoc nelle scuole. Come società, abbiamo il dovere di informare e sensibilizzare un ampio numero di persone sull’importanza di queste conoscenze».

Come si posiziona il nostro Paese per gender gap?

«L’Italia si trova al settantanovesimo posto nel mondo, addirittura dietro a Georgia, Kenya e Uganda e prima della Mongolia, secondo l’ultima indagine del World Economic Forum denominata Global Gender Gap Report. A livello mondiale, ci vorranno circa 130 anni per raggiungere una situazione di meritocrazia ottimale, ma in Italia saranno molti di più. Parlare del gender gap è indispensabile. Non solo perché è importante creare una società più meritocratica, ma anche perché coltivare la diversità culturale ed etnica porta molti benefici, tra cui maggiore produttività, imprenditorialità e creatività».

Il gender gap a livello mondiale costa circa il 2% del PIL, quali sono gli effetti in Italia?

«Il costo da pagare è significativo anche da noi, c’è ancora molto lavoro da fare per raggiungere la parità di genere. Tuttavia, ci sono segnali positivi, come l’introduzione della certificazione di genere in alcune aziende e la volontà di rendere le imprese sostenibili anche dal punto di vista della parità di genere. Nonostante ciò, l’implementazione di misure per ridurre questo fenomeno è ancora limitata ad alcune aree».

Perché l’empowerment femminile è così importante per la società?

«Promuove l’uguaglianza di genere e favorisce lo sviluppo sociale ed economico. Quando le donne sono economicamente indipendenti e hanno pari opportunità di istruzione e di partecipazione nella vita pubblica, contribuiscono in modo significativo al progresso della società nel suo complesso. Inoltre, l’empowerment porta una prospettiva diversa e unica ai problemi e alle sfide che affrontiamo, offrendo soluzioni innovative e consentendo una maggiore inclusione sociale».

Quali sono le tempistiche per questa transizione?

«Affrontiamo una grande sfida, che richiederà tempo e impegno. Questa transizione, sebbene impegnativa, può essere affrontata, con un’educazione finanziaria solida. È importante far sentire le persone al centro. L’inclusività significa accettare tutti i tipi di persone, promuovendo l’empowerment femminile e accogliendo più donne in posizioni di comando. Una politica che promuova tanto la diversità quanto l’inclusione sono fondamentali, come ho sperimentato personalmente durante la pandemia. Questo significa rispettare le persone per ciò che sono e per il ruolo che svolgono, sia sul lavoro sia nella vita privata. L’educazione finanziaria, se introdotta fin dalla scuola elementare, può aiutare i bambini a capire che sono perfettamente uguali e possono imparare a risparmiare. Questo li prepara per un futuro migliore e più meritocratico. Ma, soprattutto, può insegnare loro a concepire dei sogni e a capire che per realizzarli c’è un percorso da seguire».

In altri Paesi l’educazione finanziaria viene già insegnata?

«Certo. È molto sviluppata come concetto, soprattutto nei Paesi del Nord Europa. I bambini vengono introdotti a questo campo di conoscenza, rendendoli consapevoli dell’importanza della gestione del denaro. L’Italia ha fatto progressi in questo settore, secondo il Rapporto Edufin 2022, realizzato dal Comitato Edufin in collaborazione con Doxa. Il documento sottolinea come l’educazione finanziaria stia diventando una pietra miliare per lo sviluppo economico e sociale del Paese. È importante riconoscere che non è solo un elemento centrale per la crescita, ma serve anche come catalizzatore per l’innovazione. Tuttavia, l’Italia rimane uno dei Paesi meno avanzati dell’OCSE in questo campo».

Come mai l’Italia è così indietro?

«Siamo notoriamente un Paese di risparmiatori. Però, nonostante la propensione al risparmio, sembriamo non riuscire a comprendere pienamente l’importanza dell’educazione finanziaria. e dell’assistenza di consulenti finanziari. Eppure, in questo contesto, questa figura professionale può svolgere un ruolo sociale indispensabile».

Cosa intende per ruolo sociale?

«Mi riferisco al contributo significativo del consulente, non solo alla singola famiglia che segue, ma anche alle future generazioni. Il professionista supporta il nucleo famigliare a gestire e allocare i propri risparmi in modo efficace e a sviluppare un approccio ponderato alla pianificazione pensionistica. Questo significa anche accertarsi che i clienti siano adeguatamente coperti dal punto di vista assicurativo. Pertanto, una persona che si impegna in questo percorso, quando, ad esempio, arriva il momento della pensione, può di godere di maggiore autonomia».

Negli USA il consulente finanziario viene già visto come un punto di riferimento. In Italia c’è ancora qualche reticenza?

«La consulenza finanziaria diventa sempre più popolare in Italia, nonostante qualche reticenza culturale, dovuta in parte alla sua introduzione relativamente recente nel Paese negli anni ‘70. Spesso, le informazioni finanziarie vengono ottenute da fonti non professionali, come amici o conoscenti, che possono non fornire consigli accurati o personalizzati. Tuttavia, le statistiche e le recenti ricerche dell’OCSE sostengono l’evoluzione e il potenziale del settore. La tecnologia gioca un ruolo cruciale in questa evoluzione, permettendo una comunicazione più frequente e facilitata tra consulenti e clienti. Le applicazioni finanziarie, ad esempio, consentono ai clienti di monitorare la loro situazione patrimoniale e di porre domande agli operatori in qualsiasi momento».

Come vede il settore della consulenza finanziaria nei prossimi 5 anni?

«Il settore si sta evolvendo, integrando aspetti assicurativi e previdenziali, a testimonianza della sua importanza per le famiglie, gli imprenditori e la salvaguardia delle risorse. La relazione tra consulente e investitore si sta personalizzando sempre più, consolidando la figura del consulente finanziario tra i professionisti di riferimento, al pari del medico, del commercialista, dell’avvocato o del notaio. I consulenti sono sempre più presenti nella gestione del patrimonio familiare, offrendo supporto anche in ambito previdenziale e assicurativo. Un aspetto interessante è la collaborazione con altre figure, come commercialisti o notai. Questo permette, ad esempio, di allineare le scelte di investi-mento con la pianifi-cazione fiscale del cliente, o di supportarlo nella pianificazione successoria».   ©

Articolo tratto dal numero del 15 luglio 2023. Abbonati!