giovedì, 17 Ottobre 2024

Il riciclo combatte l’inquinamento, ma l’economia circolare è in calo

Sommario
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Rifiuti da trasformare in risorse per scongiurare il collasso dell’ecosistema. L’economia circolare – approccio sostenibile alla progettazione, realizzazione e utilizzo dei prodotti presenti sul mercato – consente di salvaguardare l’ambiente riducendo lo sfruttamento delle materie prime. Ma, nonostante i governi di mezzo mondo dichiarino di voler seguire percorsi virtuosi, la realtà appare differente dai buoni propositi. Se l’economia circolare nel 2018 rappresentava il 9,1% di quella mondiale, nel 2023 invece di crescere è calata al 7,2%. Intanto il mercato globale muove 100 miliardi di tonnellate di minerali, metalli, fossili e biomasse l’anno. Senza seguire un preciso protocollo di recupero e riuso. Le previsioni indicano una tendenza all’incremento di questo consumo. Il Pianeta però non ha abbastanza materie prime per alimentare ritmi di produzione tanto energivori e inquinanti.

Le cattive abitudini dei consumatori influenzano il mercato

Eppure, l’intervento all’origine sul ciclo di vita dei prodotti, partendo dalle estrazioni di materiali grezzi, potrebbe contribuire a ridurre del 34% le emissioni di gas serra. Non basta. Le cattive abitudini dei consumatori influenzano le scelte intraprese in ogni settore del Mercato, dalla creazione di un bene e/o servizio al suo fine vita. Sensibilizzare la cittadinanza è quindi un passo fondamentale per ridurre gli sprechi e gli effetti negativi che portano con sè. La circolarità nell’economia europea è comunque migliore rispetto al panorama globale, però il tasso di riutilizzo dal 2018 al 2022 è fermo all’11.7%.

L’economia circolare in Italia

Supera la media UE invece l’economia circolare italiana, con una percentuale di riuso dei materiali al 18,4% nel 2021, in discesa rispetto al 2019, quando si attestava al 19,5%. In materia, l’Italia ha innegabilmente un ruolo da protagonista a livello comunitario. Con il 72% dei rifiuti prodotti avviati al riciclo, mantiene la leadership della gestione virtuosa degli scarti: l’81% di carta, vetro e acciaio viene riutilizzato.

L’Europa punta al riciclo dei rifiuti

Un tema caro alla Commissione Europea, che a novembre 2023 ha approvato un nuovo regolamento per abbattere l’impatto della dispersione nell’ambiente degli imballaggi, puntando alla meta dell’85% del riciclo e la trasformazione in materie prime secondarie. In Italia si è già andati oltre. Con il metodo del deposito cauzionale nel 2021 sono stati riutilizzati: 1.380.000 tonnellate di pallets di legno e plastica; 386mila tonnellate di contenitori e fusti in acciaio; 186.000 tonnellate di bottiglie di vetro. Risultati soddisfacenti, come rileva il Quinto Rapporto sull’Economia Circolare in Italia, sono stati raggiunti anche nel recupero degli imballaggi in legno evitando che oltre la metà, il 63%, finisse nella spazzatura senza essere valorizzato, mentre è stato salvato il 74% di quelli in alluminio.

Le performance dell’Italia nel riciclo dei rifiuti

Ottima anche la gestione italiana del riciclo di rottami ferrosi. Risulta essere la più efficace nell’area UE, con un volume di 18,6 milioni di tonnellate recuperate e riutilizzate per la produzione dell’85% dell’acciaio che si fonde nell’intero Paese. Relativamente bassi i dati sui packaging in plastica. Poco meno della metà (il 48,6%) ritorna nella catena di produzione, il resto viene smaltito con varie formule, dagli inceneritori alle tradizionali discariche, che però con le nuove direttive europee non potranno più attingere a finanziamenti sostenuti da fondi comunitari.

Quanto differenziano gli italiani?

A oggi, in media, ogni italiano riesce a differenziare 160 chili di imballaggi l’anno. Al di sopra degli obiettivi fissati dall’Unione Europea si posiziona il riciclo del materiale edile, che ha un tasso di recupero dell’80%, contro quello imposto a livello comunitario del 70%. Inoltre quasi la totalità degli oli da cucina esausti raccolti lungo lo Stivale, ben il 98%, è rigenerato e trasformato in biodiesel, glicerina o lubrificanti per mezzi agricoli.

Gli italiani in bilico tra consapevolezza e scetticismo

Una nota dolente è invece rappresentata dai RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) il cui corretto smaltimento è ancora fermo al 34%. L’Italia, nel complesso, oggi poggia su basi solide nel campo del riciclo e riuso, pronta ad affrontare con resilienza le sfide del prossimo futuro. Una situazione che la rende corazzata rispetto al rallentamento globale dell’economia circolare. Resta però ancora tanto lavoro da fare. Sentimenti contrastanti dominano ancora l’atteggiamento dei consumatori italiani, in bilico tra consapevolezza e scetticismo, in merito all’acquisto di prodotti di seconda mano. La metà dei cittadini negli ultimi tre anni ha comprato qualcosa di usato, mentre il 26% ha fatto ricorso alla pratica del noleggio. La propensione dichiarata è quella di un maggior ricorso al leasing e allo sharing per auto e moto, mentre il second hand è più diffuso nell’abbigliamento e negli accessori.

Tecnologia e prodotti ricondizionati

Per la tecnologia si tende invece a prediligere dispositivi rigenerati e per gli elettrodomestici spopolano le vendite del nuovo difettato. I prodotti ricondizionati vengono considerati più difficili da reperire (per il 31% dei cittadini), meno affidabili (per il 36%) e poco duraturi (per il 46%) anche se la percezione condivisa da 7 italiani su 10 è che il loro acquisto apporti benefici all’ambiente, grazie al minore spreco di risorse. Le riparazioni non sono ritenute una soluzione in Italia, perché considerate troppo costose dai consumatori che però in 8 casi su 10 si impegnano a smaltire il bene non funzionante in maniera da consentirne il riciclo.

Il consumismo affossa l’economia circolare

Il consumismo resta il muro più alto da scalare. Più di 8 italiani su 10, l’81%, affermano che nella società contemporanea il benessere sia collegato agli oggetti nuovi acquistati. Il 24% associa l’utilizzo di merce usata a un basso status sociale. Inoltre, 6 su 10 preferiscono essere proprietari dei prodotti utilizzati, anche se nella fascia d’età tra i 18 e i 30 anni prende piede l’abitudine di noleggiarli o condividerli. Confortante appare la nuova tradizione, adottata da 9 italiani su 10, di dare una seconda vita ai prodotti usati donandoli ad amici e parenti oppure vendendoli sul web.

Il Piano d’Azione europeo per l’economia circolare

La circolarità delle risorse è stata inserita tra le missioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con stanziamenti pari a 2,1 miliardi di euro. Fondi che dovranno essere investiti per perfezionare e ottimizzare la gestione sostenibile dei rifiuti anche con incentivi rivolti alle aziende. Lo scopo è quello di migliorare la raccolta differenziata, in modo da ridurre il numero di procedure di infrazione UE a cui è sottoposta l’Italia a causa della malagestione dei rifiuti in alcune aree del Paese, in particolare per quanto riguarda la depurazione delle acque reflue fognarie e degli scarichi industriali. Finalità in linea con il Piano d’azione UE per l’economia circolare. Un programma che introduce una serie di misure volte a responsabilizzare imprese e consumatori. E ad assicurare la diffusione di merci sostenibili e la circolarità dei processi di produzione.

Interventi per sensibilizzare famiglie e consumatori

Nella progettazione ecocompatibile il faro da seguire, indicato da Bruxelles, è quello di realizzare prodotti che siano più durevoli ed economici da riparare. Per evitare il loro prematuro smaltimento, la Commissione ha proposto un pacchetto di direttive con diversi incentivi. Agevolazioni rivolte sia ai produttori sia ai cittadini per prolungare il ciclo di vita dei beni, sancendo ufficialmente il diritto alla riparazione. Sono stati inoltre stabiliti i requisiti di sostenibilità per la maggior parte dei beni presenti sul Mercato, con l’introduzione di una sorta di passaporto digitale che ne indica l’impatto sull’ambiente. Ma c’è di più. La normativa prevede il divieto di distruzione di tessuti e calzature invenduti. Il settore è secondo solo a quello petrolifero per la contaminazione di falde acquifere, fiumi, laghi, mari, nonché per la quota attribuibile di inquinamento atmosferico e dei suoli.

La piaga dei rifiuti tessili

Per ogni persona residente nei Paesi membri finiscono in discarica annualmente 12 chili di rifiuti tessili, e solo il 22% di questi viene avviato al riciclo. A tal fine è stato proposto di rendere obbligatoria a livello europeo la promozione della raccolta differenziata dell’abbigliamento tra le famiglie. Una pratica ormai consolidata nei Comuni italiani, attraverso diversi metodi. Il più utilizzato è quello dei cassonetti dedicati, gestiti a volte direttamente da enti caritatevoli o cooperative sociali che ridanno vita ai tessuti. Quanto raccolto viene rivenduto o distribuito a famiglie bisognose se ancora utilizzabile, oppure riciclato, ad esempio con la trasformazione in imbottiture per divani o materiale edile.

I negozi gratis

Numerose le iniziative dal basso presenti in più città. Alla sostenibilità ambientale del riutilizzo dei rifiuti viene associata quella economica e sociale attraverso i negozi gratis. Si tratta, generalmente, di attività autogestite, grazie alla stretta collaborazione tra volontari e utenti. Alla base dei progetti che accomunano le esperienze sparse per l’Italia c’è un concetto semplice. Ciò che non si usa non va gettato nella spazzatura, perché potrebbe ancora essere utile. Abbigliamento, calzature, accessori, stoviglie, libri e oggetti di vario genere vengono consegnati durante gli orari di apertura ed esposti in queste boutique dell’usato. Chiunque potrà poi prenderle e portarle a casa gratuitamente.

Il valore aggiunto della condivisione

Il valore aggiunto rispetto ai cassonetti è la creazione di un bacino di avventori eterogenei, non limitato alle fasce deboli: in questo contesto, il contatto tra diverse realtà crea importanti interazioni sociali. Tali strutture diventano spesso un punto di ritrovo per anziani, migranti, studenti, precari, ambientalisti, amanti del vintage, attivisti politici, creando in maniera del tutto naturale una rete di relazioni. Rapporti alla pari che vanno oltre allo scambio di beni materiali, ma si concretizzano in supporto emotivo e in alcuni casi anche concreto, con il confronto su informazioni di ordine pratico sul mercato immobiliare per la ricerca di una casa, di un lavoro o anche solo di consigli su come accedere ai sussidi statali come Reddito di Inclusione oppure ottenere prestazioni dal Servizio Sanitario Nazionale. Oltre a ciò, forniscono notevoli vantaggi per le famiglie numerose, consentendo di rinnovare a costo zero il guardaroba per l’intero nucleo.

Sostenere l’economia circolare nei comparti più critici

Tra i settori che hanno un’imponente mole di utilizzo di risorse, oltre al tessile, il Piano stilato dall’Unione Europea mira a convertire alla circolarità il comparto agroalimentare, l’elettronica e le costruzioni. Essendo i dispositivi tecnologici quelli che manifestano di recente il più rapido aumento di rifiuti e l’Europa il continente che ne manda in discarica il maggior numero di tonnellate, oltre 16 chili pro capite, intervenire è particolarmente cruciale. Oltre alle misure destinate a migliorare il riciclo e la durabilità delle apparecchiature, sono state approntate norme finalizzate a una riduzione immediata dell’inquinamento derivato dallo smaltimento. Tra queste appare la direttiva sui caricabatterie standardizzati per cellullari, console di videogame, tastiere wireless, fotocamere, altoparlanti, computer e tablet.

La riduzione dei rifiuti elettronici parte dai caricabatterie

Entro il 28 dicembre 2024 dovranno essere tutti dotati di una porta di ricarica USB di tipo C. Il provvedimento dovrebbe comportare la riduzione dei rifiuti elettronici di almeno 1.000 tonnellate l’anno (oggi i caricabatterie gettati nell’immondizia annualmente sono stimati in 11mila tonnellate) e tra i cittadini un risparmio totale di 250 milioni di euro. Si stima che ciascun europeo possieda, in media, almeno tre caricabatterie, ma il 38% afferma di trovarsi spesso in difficoltà per l’indisponibilità di cavi compatibili.

Economia circolare ed edilizia

A dicembre 2023 è stato raggiunto un accordo provvisorio per regolamentare anche i prodotti da costruzione, tra i quali dovranno essere privilegiati i materiali riciclabili. L’edilizia è infatti un altro nodo da sciogliere, in quanto attualmente responsabile della metà dell’estrazione e del consumo di risorse in Europa. In generale, tra le nuove normative che propendono a un approccio sostenibile all’economia, l’UE ha deciso che il 25% del consumo annuo di materie prime critiche (alluminio, nichel, rame, titanio, silicio, ecc.) debba provenire dal riciclo. Rafforzata la circolarità, l’Europa avrà maggiori probabilità di riuscire nell’ambiziosa quanto indispensabile meta che si è prefissa con il Green Deal. La neutralità climatica entro il 2050. ©

Articolo tratto dal numero del 1° febbraio 2024 de il Bollettino. Abbonati!

📸 Credits: Canva

Giornalista professionista appassionata di geopolitica. Per Il Bollettino mi occupo di economia e sviluppo sostenibile. Dal 2005 ho lavorato per radio, web tv, quotidiani, settimanali e testate on line. Dopo la laurea magistrale in Giornalismo e Cultura Editoriale, ho studiato arabo giornalistico in Marocco. Ho collaborato a realizzare in Saharawi il documentario La sabbia negli occhi e alla stesura della seconda edizione del Libro – inchiesta sulla Statale 106. Chi è Stato?