mercoledì, 16 Ottobre 2024

Investimenti finanziari: via libera alla riforma

Sommario

I servizi di investimento e le attività dei Mercati finanziari poggiano in Europa su un doppio strumento normativo. Da un lato il Regolamento UE n. 600 del 2014 MIFIR (Markets in Financial Instruments Regulation), dall’altro la Direttiva UE 2014/65 MIFID 2 (Markets in Financial Instruments Directive), complementari l’uno con l’altro. Lo scorso gennaio è arrivato l’ok del Parlamento europeo alla loro riforma. Lo scopo è rendere ancora più responsabili e consapevoli delle proprie decisioni gli investitori, ai quali andrà fornito un accesso più diretto ai dati di Mercato.

I mercati finanziari odierni

I Mercati finanziari non sono più come le Borse Valori di un tempo, dove ci si incontrava fisicamente. Come sottolinea la CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa), oggi ci troviamo di fronte a «piattaforme informatiche, le cosiddette sedi di negoziazione, o a circuiti informativi elettronici, specializzati per tipologie di strumenti finanziari ed emittenti, a cui hanno accesso intermediari finanziari e altri soggetti autorizzati a operarvi».

Come funziona oggi

Più nello specifico, si tratta di «luoghi operativi, organizzati sulla base di regole pubbliche o di prassi, dove è possibile acquistare o vendere strumenti finanziari come azioni, obbligazioni, derivati, quote di fondi comuni, favorendo l’incontro tra domanda e offerta di attività finanziarie grazie alla concentrazione, in uno stesso spazio e nello stesso tempo, delle negoziazioni». Il traguardo da raggiungere diventa a maggior ragione quello della trasparenza delle informazioni e, quindi, la riduzione dei rischi per chi investe. Proprio a questo mirano le modifiche pubblicate in Gazzetta Ufficiale lo scorso 8 marzo, entrate in vigore 20 giorni dopo. Per gli Stati membri, il periodo consentito per recepire le nuove disposizioni e adeguarsi sarà fino al 29 settembre 2025.

3 ambiti coinvolti

Con la riforma, si fa un passo in più verso la trasparenza. I principali ambiti in cui si è intervenuti sono sostranzialmente tre. Il primo è quello dell’accesso alle informazioni. Si istituisce infatti un sistema consolidato di dati di negoziazione, conosciuti come consolidated red tape. Uno strumento che gli investitori non avevano finora non possedendo l’accesso diretto a informazioni accurate e aggiornate, perché i riferimenti delle negoziazioni sono sparsi su più piattaforme.

Un flusso di dati

Con le nuove norme, nascerà un flusso di dati centralizzati e suddivisi per tipi di attività, in modo da rendere facilmente conoscibile prezzo degli strumenti e volumi così come data e ora delle operazioni. Un lancio di consolidated red tape per i bond è previsto a metà del 2025, mentre quello per le azioni è atteso a inizio 2026 successivamente alla fine dello stesso anno sarà la volta dei derivati.

Vigerà poi un divieto generale sul pagamento per il flusso di ordini, o payment for order flows (PFOF), pratica da eliminare entro il 30 giugno 2026. Cosa significa di preciso? Si tratta di una prassi per cui i broker ricevono pagamenti per la trasmissione degli ordini dei clienti a sedi di negoziazione. Ci sarà una eccezione: gli Stati membri in cui già esisteva questa pratica potranno esentare dal divieto le società di investimento soggette alla loro giurisdizione. La condizione è che il pagamento per il flusso di ordini sia consentito solo per clienti ubicati in tale Stato membro.

Da ultimi, saranno regolati i derivati sulle merci: su di questi sono state introdotte norme più stringenti in fatto di trasparenza.

Cosa è accaduto

Ai testi rivisti si è arrivati con fatica. L’accordo era arrivato lo scorso giugno, mentre gli emendamenti sono stati compilati a ottobre. Il voto, nella sessione plenaria del Parlamento di Strasburgo, risale a gennaio 2024. Ed è arrivato dopo un anno di triloghi, ovvero negoziati tra le istituzioni nell’ambito del procedimento legislativo dell’Unione Europea. Risale a un ventennio fa la direttiva 2004/39/CE in materia di Mercati e strumenti finanziari con l’acronimo MIFID. Già allora, l’obiettivo era quello di implementare la trasparenza dei Mercati nell’ambito dell’Unione Europea e standardizzare i processi. Si leggeva nel preambolo, a giustificazione delle motivazioni, come «negli ultimi anni è cresciuto il numero degli investitori che operano nei Mercati finanziari e l’ampia gamma di servizi e strumenti che viene loro offerta è diventata ancora più complessa». Di lì la necessità di un quadro giuridico comunitario che disciplinasse tutte le attività destinate agli investitori in modo da avere regole uniformi nel perimetro europeo. Allo stesso tempo era urgente «un’armonizzazione per poter offrire agli investitori un livello elevato di protezione e consentire alle imprese di investimento di prestare servizi in tutta la Comunità». Erano gli anni del boom dei derivati, considerati tra gli strumenti finanziari più opachi e poco trasparenti. La direttiva, si stabiliva, andava recepita dagli Stati membri entro il 2008.

La crisi economica

Ma pochi potevano attendersi che proprio quell’anno sarebbe esplosa quella che passerà alla storia come la seconda peggiore crisi economica dopo il Big Crash del crollo della Borsa di Wall Street del 1929. Sotto accusa finiscono soprattutto derivati e futures. E al vertice G20 di Pittsburgh del 2009 i “grandi della Terra” decidono di modificare il contenuto della Direttiva. Si arriva così, 10 anni fa, a un nuovo testo il MIFID 2 e a un regolamento attuativo: il MIFIR. Sulla direttiva MIFID 2 l’accordo tra Parlamento, Consiglio e Commissione Ue c’è il 14 gennaio 2014. L’entrata in vigore slitta però per quattro anni, diventando ufficiale il 3 gennaio 2018. «La crisi finanziaria ha messo in luce le debolezze nella trasparenza dei Mercati finanziari che potrebbero comportare conseguenze socioeconomiche negative» si legge nella prima delle considerazioni preliminari del MIFIR. La maggiore trasparenza diventa uno dei principi per rafforzare il sistema finanziario.

Il contenuto della MIFID 2

La MIFID 2 si rivolge a intermediari e società finanziarie come istituti bancari, gestori e società di intermediazione mobiliare. La sua finalità è contenere i comportamenti considerati poco virtuosi, che avevano poco a poco portato a un dissesto del Mercato a partire dal fallimento della Lehman Brothers. Le regole introdotte nella direttiva puntano anzitutto a diminuire l’asimmetria informativa tra intermediario e investitore.

Un esempio

Tanto per fare un esempio, si legge all’articolo 16 della norma che «le imprese di investimento emittenti mettono a disposizione dei distributori tutte le necessarie informazioni sullo strumento finanziario e sul suo processo di approvazione, compreso il suo Mercato target». Essenziale è in sostanza che gli investitori abbiano tutte le informazioni del caso per poter intraprendere le proprie scelte con consapevolezza. E che ci siano prospetti in grado di informarli: «al momento dell’ammissione iniziale alla negoziazione di strumenti finanziari sul Mercato sono state pubblicate informazioni sufficienti per permettere agli investitori di decidere con cognizione di causa se investire negli strumenti finanziari» statuisce il punto 33. Devono rendersi noti diritti fissi, commissioni, costi di transizione e gestione, imposte di bollo, tanto per citare alcuni esempi. Il tutto sotto l’attenta vigilanza di un organismo, l’ESMA, ovvero l’Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati.

Un secondo obiettivo

Un secondo obiettivo della MIFID 2 è migliorare la contendibilità del Mercato, vale a dire rendere più competitivi prezzi e livelli di servizio. Sempre all’articolo 16, recita: «L’impresa di investimento riesamina regolarmente gli strumenti finanziari da essa offerti o commercializzati, tenendo conto di qualsiasi evento che possa incidere significativamente sui rischi potenziali per il Mercato target, onde almeno valutare se lo strumento finanziario resti coerente con le esigenze del target e se la prevista strategia distributiva continui ad essere quella appropriata». In sostanza, non tutto può restare in commercio se non si rispettano determinati standard.

I conflitti di interesse

C’è poi tutto un tema di conflitti di interesse tra produzione, distribuzione e consulenza finanziaria, a cui la MIFID 2 vuole porre un argine. Per farsi un’idea più approfondita del suo compito, basti pensare a ciò di cui si occupa l’EMA, l’Agenzia europea per il farmaco, nella filiera della salute. A evidenziarlo con questo paragone è stato il Professor Carlo Alberto Carnevale Maffè, della SDA Bocconi. Tra i compiti della Direttiva (e dell’EMA) c’è proprio quello di distinguere e agire tra sistema produttivo (ossia le case farmaceutiche), sistema distributivo (ossia le farmacie) e sistema prescrittivo (ossia i medici).

Così la MIFID 2 individua asset finanziari in cui si investe e che sono come le case farmaceutiche: producono. Poi c’è una distribuzione, che nel settore finanziario è portata avanti da banche e altri intermediari (come le farmacie), e infine appaiono i consulenti finanziari (che seguendo nel paragone, sono come i medici).

Il testo del regolamento

Il MIFIR va invece più ancora nel dettaglio. Va letto, si sottolinea nel testo, «in combinato disposto con la Direttiva». Esiste infatti «la necessità di definire un insieme unico di norme per gli istituti finanziari per quanto riguarda certi requisiti ed evitare il potenziale arbitraggio normativo». Servono regole uguali per tutti, un solo quadro legislativo direttamente applicabile per «rafforzare la fiducia nella trasparenza dei Mercati in seno all’Unione Europea e ridurre la complessità normativa».

La trasparenza

Il punto su cui si batte di più è – di nuovo – la trasparenza. Ad esempio predisponendo sedi di negoziazione regolamentate. O rendendo disponibile l’informazione al pubblico. Va canalizzata «a condizioni commerciali ragionevoli e che garantiscano un accesso non discriminatorio». Tanto che «tali informazioni siano rese disponibili gratuitamente 15 minuti dopo la pubblicazione» specifica l’articolo 13. E ancora, sussiste l’obbligo per le imprese di investimento di conservare «a disposizione dell’autorità competente, per cinque anni, i dati riguardanti tutti gli ordini e tutte le operazioni su strumenti finanziari che hanno concluso per conto proprio o per conto dei clienti» (articolo 25). Quanto ai derivati, va assicurato un Mercato regolamentato, un sistema organizzato di negoziazione in cui la totalità delle operazioni concluse sia compensata da una controparte centrale, come stabilisce l’articolo 29. In questo, l’ESMA funge da osservatorio sugli strumenti finanziari commercializzati, collaborando con l’Autorità bancaria europea e le autorità nazionali.

Le 2 norme modificate

Le norme in vigore e appena modificate sono due: direttiva MIFID 2 e regolamento MIFIR. Ma che differenza c’è giuridicamente parlando tra Direttiva e Regolamento? Mentre la prima per entrare in vigore applicata deve essere prima recepita dagli Stati membri attraverso un proprio atto normativo (senza il quale non entrerebbe nell’ordinamento giuridico), il Regolamento è direttamente applicabile in toto, senza alcuna intermediazione, a tutti gli Stati membri. Le due tipologie normative si collocano poi su un piano diverso per quanto riguarda i contenuti. La Direttiva è una sorta di Legge Quadro: stabilisce le indicazioni generali e i target da raggiungere entro un determinato lasso di tempo. Si traduce quindi in imposizioni meno pressanti per gli Stati membri. A differenza del Regolamento, che invece contiene obblighi coercitivi, che entrano subito in vigore in tutta l’Unione. Ecco perché si considerano atti complementari.                                ©

📸 Credits: Canva.com

Articolo tratto dal numero del 15 maggio 2024 de il Bollettino. Abbonati!

Giornalista professionista, classe 1981, di Roma. Fin da piccola con la passione per il giornalismo, dopo la laurea in Giurisprudenza e qualche esperienza all’estero ho cominciato a scrivere. All’inizio di cinema e spettacoli, poi di temi economici, legati in particolare al mondo del lavoro. Settore di cui mi occupo principalmente per Il Bollettino.