giovedì, 17 Ottobre 2024

L’Università? Solo per ricchi

Sommario

L’ascensore sociale è bloccato e in Italia il futuro dei giovani è già scritto. Si proviene da una famiglia benestante? Allora la scelta cadrà su un liceo e poi sull’Università. Al contrario, cosa accade in presenza di una situazione di partenza sfavorevole? Troppo oneroso proseguire a lungo con gli studi, meglio optare per un istituto tecnico e poi procedere subito verso la ricerca di un lavoro. Parla chiaro l’indagine ISTAT su bambini e ragazzi, che ha studiato le risposte – allarmanti sul fronte delle disuguaglianze socio-economiche – di circa 39mila giovanissimi tra gli 11 e i 19 anni.  

Il merito non conta

Non pesano le capacità, né il merito nella decisione di proseguire o meno sui banchi di scuola. Tanto che lo stesso meccanismo di scelta verso una soluzione più consona rispetto al “benessere familiare” si ripete sia tra gli studenti delle scuole superiori sia delle medie. «La condizione economica della famiglia ha un ruolo importante nel determinare gli orientamenti scolastici dei ragazzi» dice l’ISTAT. Al punto che la maggioranza, il 60,3%, di coloro che ritengono che la situazione della propria famiglia sia molto buona intende andare al liceo. Cosa scelgono invece gli studenti che si dicono in una situazione economica familiare “non molto o per niente buona”? Tra questi solo il 34,8% pensa di proseguire con l’Università. Di pari passo gli istituti professionali sono presi in considerazione solo dal 5,3% dei benestanti, contro il 15 degli altri.

Università solo per i ricchi

L’Università? È la strada scelta da meno della metà, il 46%, di chi proviene da un background economico svantaggiato, a prescindere dai risultati scolastici (senza contare il ritardo che sconta l’Italia rispetto all’Europa sul tasso di laureati). Il 67% di chi può fare affidamento su cospicue risorse economiche afferma invece sicuro che si iscriverà a una qualche facoltà. Il lavoro subito dopo gli studi è per questa classe sociale un’opzione remota (14,7%), mentre la percentuale raddoppia (24,5%) tra chi vive una situazione economica “non buona”.

Un futuro all’estero

Un futuro in Italia? No, grazie. Vivere nel nostro Paese non attrae più, nemmeno i minorenni. Un terzo dei giovanissimi, il 34%, immagina di vivere in futuro all’estero. Una percentuale che sale al 38% nei ragazzi stranieri. Un dato ancora più preoccupante se messo in relazione con il calo demografico e la perdita di un capitale umano prezioso nel caso la decisione si avverasse. Andrebbe rivista, ragiona l’ISTAT, «l’offerta di opportunità di vita che si prospettano». Il futuro del resto fa paura (32% dei rispondenti). E il dato impressiona se si pensa che la quota è cresciuta di 5 punti e mezzo rispetto all’indagine del 2021. Cos’è ancora una volta a incidere? La situazione economica di partenza. Tra gli abbienti chi si dice affascinato dal futuro raggiunge il 48,5%, mentre chi ne ha paura è il 26,9%. Il contrario succede tra i meno benestanti, che hanno paura del futuro nel 40% dei casi, contro il 32 di chi è affascinato.

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📸 Credits: Canva.com

Giornalista professionista, classe 1981, di Roma. Fin da piccola con la passione per il giornalismo, dopo la laurea in Giurisprudenza e qualche esperienza all’estero ho cominciato a scrivere. All’inizio di cinema e spettacoli, poi di temi economici, legati in particolare al mondo del lavoro. Settore di cui mi occupo principalmente per Il Bollettino.