giovedì, 17 Ottobre 2024

Il futuro dei robot: meno istruzione e più sanità

DiAndrea Porcelli

1 Giugno 2024
Sommario
robotica

Pagnin, IIT: «In Italia il livello della ricerca è altissimo. Di contro, scarseggiano gli investimenti»

In un’epoca all’insegna dell’innovazione e dell’espansione del settore industriale italiano, anche la robotica attraversa una fase di trasformazione significativa. Gli ultimi dati mostrano che l’Italia non solo sta adottando le tecnologie robotiche a un ritmo accelerato, ma sta emergendo come un vero e proprio punto di riferimento nell’innovazione e nell’applicazione dell’automazione in diversi settori economici.

Secondo l’International Federation of Robotics (IFR), il Paese ha registrato uno dei tassi di crescita più rapidi nell’adozione di robot nel contesto europeo. Questo sviluppo è sostenuto dall’incremento della domanda di automazione avanzata, spinta dalla necessità di incrementare l’efficienza produttiva e di rispondere alla crescente scarsità di manodopera qualificata in ambiti critici come la manifattura, l’agricoltura e il settore sanitario.

Il beneficio politico e governativo dell’industria della robotica in Italia

L’industria robotica italiana beneficia anche di un ambiente favorevole creato da politiche governative proattive e investimenti mirati. Iniziative come il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) hanno notevolmente incentivato gli investimenti in tecnologie avanzate, promuovendo così l’innovazione e la modernizzazione delle infrastrutture industriali esistenti. Questi incentivi statali si sono tradotti in una crescita sostenuta del settore, attirando investimenti nazionali e internazionali, favorendo al contempo la nascita di startup innovative nel campo. Anche la collaborazione tra università e industria ha giocato un ruolo cruciale nello sviluppo di nuove tecnologie robotiche. Istituzioni accademiche prestigiose come il Politecnico di Milano e l’Università di Bologna sono al centro di ricerca e sviluppo del settore, contribuendo non solo con innovazioni tecnologiche, ma anche con la formazione di una nuova generazione di ingegneri e tecnici specializzati.

«In tanti sono coinvolti nella robotica e in particolare in quella umanoide, per fattori di popolazione, demografia e “mancanza di mani”», dice Andrea Pagnin, Responsabile dell’Ufficio Innovazione e Sviluppo dell’Istituto Italiano di Tecnologia all’interno della Direzione Trasferimento Tecnologico.

Andrea Pagnin, Responsabile dell’Ufficio Innovazione e Sviluppo dell’Istituto Italiano di Tecnologia all’interno della Direzione Trasferimento Tecnologico.

I fattori influenti sullo sviluppo della produttività nazionale

L’Italia è un Paese in forte invecchiamento demografico. Pensa che questo tipo di fattori possa influire sulla capacità produttiva nazionale?

«Le previsioni indicano che la popolazione italiana potrebbe ridursi a 36 milioni entro il 2100, dai 60 milioni attuali. Nel 1960, c’erano 6,5 persone in età lavorativa per ogni persona in pensione (Indice di Supporto Potenziale o PSR). Nel 2050 ce ne sarà 1,5. L’indice scenderà ancora a circa 1,2 nel 2100 (i dati sono delle Nazioni Unite). Questo trend indica un crescente onere sulla popolazione in età lavorativa per sostenere gli anziani, con possibili implicazioni sia sul Mercato del lavoro sia sull’assistenza ai pensionati. Ora, proviamo ad allargare la prospettiva: almeno 35 delle 195 nazioni del pianeta avranno, come minimo, una persona su cinque di età superiore ai 65 anni entro il 2030. Nei prossimi due anni, le persone di 65 anni e oltre saranno pari ai minori di 18 anni negli Stati Uniti. 

Entro il 2050, una persona su sei in tutto il mondo avrà più di 65 anni, una su quattro in Europa e Nord America. Il dato più sorprendente è che si prevede che il numero di persone di 80 anni e oltre triplicherà, passando da 143 milioni nel 2019 a 426 milioni nel 2050, rendendo questo gruppo la fascia demografica in più rapida crescita al mondo. L’invecchiamento della popolazione e il calo dei tassi di natalità avranno profonde conseguenze economiche nei prossimi decenni. Una forza lavoro in diminuzione e una maggiore percentuale di pensionati peserà sulla crescita economica»

Il futuro del lavoro: tra tecnologia e sviluppo

Che cosa intende con “mancanza di mani”?

«Con meno lavoratori a supportare un numero crescente di anziani, il PIL pro capite rallenta. Inoltre, una popolazione che invecchia tende ad avere minori consumi e investimenti, frenando ulteriormente l’economia. L’invecchiamento metterà sotto pressione i sistemi pensionistici pubblici. Con un rapporto sfavorevole tra lavoratori e pensionati, sarà sempre più difficile finanziare pensioni adeguate. Molti Paesi dovranno riformare i propri schemi previdenziali, alzando l’età pensionabile, riducendo i benefici o aumentando i contributi. La contrazione della forza lavoro causerà carenze di manodopera in diversi settori. Le aziende faranno più fatica a trovare lavoratori qualificati.

D’altra parte, l’automazione e la produttività dovranno aumentare per compensare il minor numero di lavoratori. Sarà cruciale investire nella formazione e riqualificazione dei lavoratori più anziani. Alcuni comparti saranno particolarmente impattati dall’invecchiamento. La sanità e l’assistenza agli anziani dovranno espandersi notevolmente per far fronte alla crescente domanda. Al contrario, settori come l’istruzione e i beni per l’infanzia vedranno calare la domanda. In generale, i modelli di consumo si modificheranno, con la popolazione anziana che richiede beni e servizi diversi. Per questo “mancano le mani”, come dicevo.»

Le soluzioni alla “mancanza di mani”

In futuro, vede in sviluppi tecnologici come la robotica o l’Intelligenza Artificiale possibili soluzioni a questo problema?

«La tecnologia, l’AI e la Robotica sono chiaramente solo parte di una soluzione complessa a un problema altrettanto complesso, ma ci vogliono misure sociali e fiscali innovative e visionarie. Tuttavia, è indubitabile che avremo bisogno di assistenti fisici (robot) e cognitivi (Agenti di intelligenza artificiale personali): dobbiamo aiutare le persone a lavorare e a condurre una vita migliore e togliere gli essere umani dai lavori pericolosi per la loro esistenza. Per noi i robot servono a questo. L’essere umano è al centro del paradigma. Ne consegue naturalmente di immaginarsi che saranno loro, i robot, tassati da noi, gli esseri umani, a pagare le nostre pensioni».

Il progresso della robotica in Italia: Ai e misure sociale

Come sta contribuendo al progresso della robotica nel Paese e a questa corsa l’Istituto Italiano di Tecnologia?

«Siamo un centro di ricerca fortemente radicato sul territorio italiano, pronto a risolvere i problemi specifici di questo Paese, ma in un contesto internazionale, con ricercatori che provengono da 60 Paesi nel mondo e che sono organizzati in 12 sedi in Italia e due in USA, 82 linee di ricerca e 18 facilities, unità specializzate nella realizzazione di strumenti e materiali per la ricerca e il trasferimento tecnologico. La robotica in questo disegno ha un protagonismo importante, con 14 linee di ricerca e un laboratorio di grandi dimensioni situato a Genova che si chiama Center for Robotics and Intelligent Systems (CRIS), con diverse facilities che sviluppano componenti per la robotica o veri e propri automi completi.

Una presenza talmente importante in termini numerici che è stata la base per denominare la valle dove sono situati i nostri centri: la Robot Valley. Da lì, assieme a CDP Venture Capital e ad altre università abbiamo costruito l’Hub di RoboIT, il Polo nazionale di Trasferimento Tecnologico della Robotica e RAISE, un ecosistema su robotica e Intelligenza artificiale sviluppato con l’università di Genova, il CNR e altri partner privati e pubblici, finanziato dal PNRR. Proprio da questa valle partono i nostri robot umanoidi, iCub ed ErgoCub, piattaforme avanzate per la ricerca, per studiare come i robot potranno interagire con gli esseri umani, come potranno davvero aiutarci. Si sono uniti a noi decine di centri di ricerca in tutto il mondo, in Giappone, in Europa, negli USA, con centinaia di ricercatori, che in un gigantesco progetto open source sviluppano gli algoritmi della robotica di un domani prossimo venturo sulla nostra piattaforma.»

I diversi campi della ricerca: «La robotica non è solo umanoide»

È sbagliato pensare alla robotica solo come allo sviluppo di robot più simili agli umani?

«La robotica non è solo umanoide: noi dai robot prendiamo pezzi, mani, gambe (pensiamo al laboratorio congiunto con INAIL che ha portato e sta portando tante soluzioni sul Mercato) e le rimettiamo sugli esseri umani che magari non le hanno più, in un processo virtuoso di sviluppo costruiamo nuovi arti, esoscheletri, per potenziare gli esseri umani, per non sentire la fatica del lavorare e a volte del vivere. Poi, i pezzi così sviluppati li riportiamo sui robot, che cammineranno meglio e saranno in grado di interagire con gli esseri umani in modo sempre più naturale. Facciamo piattaforme per l’esplorazione di luoghi inesplorati con robot che assomigliano a piante, a centauri o a quadrupedi potenti fatti per esplorare terreni lontani sulla terra e nello spazio.

Chiaramente, tutti questi oggetti, per poter essere davvero in mezzo a noi ed essere utili dovranno essere fatti in materiali nuovi, resistenti, flessibili, magari degradabili a certe condizioni. Serve una materia nuova, noi studiamo anche questo. L’Intelligenza a bordo di questi oggetti dovrà essere veloce, ma non energivora. Dovrà essere capace di capire e sentire l’essere umano. Costare il giusto per il valore che darà. Insomma, la sfida è epica, bellissima, tutta da giocare e ci stiamo impegnando per capire come portarla sul Mercato, nel mondo reale. In tutto questo servono regole, comprensione che stiamo facendo questo per aiutare gli esseri umani del futuro e non per nuocergli, quindi etica, sensibilità e soluzioni sostenibili socialmente ed ecologicamente.»

Diversi approcci, ma stesso obiettivo

Quali sono le principali differenze o similitudini che nota tra il panorama della robotica in Italia e quello di altri Paesi?

«Non sono un ricercatore, ma mi occupo di trasferimento tecnologico e di grandi progetti di sistema. Dalla mia finestra particolare non vedo divari significativi nel livello della ricerca; i gruppi dell’IIT lavorano con team di ricerca ad alto livello, in tutto il mondo. Le uniche differenze che vedo davvero sono a livello di denaro investito dai sistemi pubblici e da quelli privati. Forse negli USA e in Cina ci si è resi conto di quello che dicevo prima in ritardo e ci si è mossi con più potenza economica. Gli investimenti in robotica, nel pensare le fabbriche del futuro e nel comprendere come sviluppare robot umanoidi, sono dalle 10 alle 50 volte quelli che il nostro sistema sta mettendo in campo. I robot umanoidi, in particolare, stanno vedendo un’ondata di interesse da parte degli investitori e del Mercato, grazie al raggiungimento di nuovi livelli di capacità tecnica.»

I prossimi due anni

Cosa è previsto nei prossimi due anni?

«Nei prossimi due anni è previsto il lancio commerciale di diversi nuovi umanoidi, che potranno svolgere compiti tradizionalmente svolti dall’uomo in settori come la produzione o la logistica. L’impennata è favorita dai progressi dell’intelligenza artificiale, da proof of concept che ne dimostrano la fattibilità commerciale e dagli investimenti significativi di grandi fondi e aziende tecnologiche molto note. In particolare, gli sviluppatori stanno puntando a interazioni uomo-robot più realistiche, utilizzando modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) e l’elaborazione del linguaggio naturale.

In Italia c’è un’evidente reazione, sia pubblica sia privata, nella direzione giusta, la stiamo vivendo. Come IIT lo abbiamo ben chiaro ed è per questo che abbiamo focalizzato importanti progetti di sistemi di trasferimento tecnologico su questi temi e stiamo preparando diversi progetti per il Mercato che credo avranno “gambe” per camminare e correre. Ne vedremo delle belle anche in Italia e sicuramente avranno qualcosa di diverso, avranno il nostro gusto, il senso del bello».                                ©

Imparare cose nuove e poi diffondere: è questo il mio obiettivo. Proprio questo mi ha portato ad approfondire il mondo del web3, della finanza digitalizzata e delle crypto. Per il Bollettino mi occupo di raccontare una realtà ancora poco conosciuta in Italia, ma con un grande potenziale.