giovedì, 17 Ottobre 2024

L’Italia migliora sul gender gap, ma l’innovazione non è (ancora) per donne

Sommario

Il cammino per la parità tra donne e uomini è ancora lungo. Al momento, siamo al 13esimo posto nell’Unione europea per l’indice sull’uguaglianza di genere. Con 68,2 punti su 100, rimaniamo sotto la media UE di 2 unità. «Una vera parità di genere richiede pari condizioni competitive», dice Annamaria Tartaglia, Founder di Angels4Women. «Lo stesso gender gap è un fattore di competitività. Gli indicatori a livello italiano mostrano ancora evidenti divari tra la partecipazione femminile e maschile al Mercato del lavoro».

Eppure, un merito riusciamo a conquistarlo: il nostro Paese registra l’aumento più significativo tra tutti gli Stati membri, ottenendo 14,9 punti in più dal 2010 e scalando otto posizioni nella classifica del Gender Equality Index 2023. Sotto di noi, nazioni come Malta (67,8), Portogallo (67,4), Bulgaria (65,1) e Romania (56,1). Purtroppo, le buone notizie finiscono qui. Le disuguaglianze di genere sono fortemente pronunciate nel settore del lavoro (65 punti), in cui il Paese si colloca costantemente all’ultimo posto tra tutti gli Stati membri dal 2010. Anche se, dal 2020, il punteggio dell’Italia per questo settore è aumentato di 1,8 punti.

A livello europeo, le donne guadagnano in media all’ora almeno il 12,7% in meno degli uomini. In pratica, per ogni euro guadagnato da un uomo, una donna ne prende solo 0,87 (Fonte: Eurostat): perché? Esistono grandi differenze tra gli Stati membri: nel 2021 il divario retributivo di genere più elevato è stato registrato in Estonia (20,5%), mentre il Paese dell’UE dove è più basso è la Romania (3,6%). Infine, il Lussemburgo è l’unico Stato a essere riuscito a colmare del tutto il gap.

Le cause sono molteplici: in primo luogo, il part time. In media, le donne svolgono più ore di lavoro non retribuito, per esempio prendendosi cura dei bambini o badando ai lavori domestici. E sempre per questo motivo, sono più obbligate ad avere interruzioni di carriera. Circa il 24% del divario totale può essere spiegato con una sovrarappresentazione femminile in settori a salario basso, come l’assistenza, la sanità e l’istruzione. Ma la disparità avviene anche a fronte di occupazioni analoghe. Se si analizza il divario tra le diverse professioni, le donne manager sono le più svantaggiate: guadagnano il 23% in meno all’ora rispetto agli uomini manager.

«Serve una svolta nelle politiche per accompagnare l’impegno femminile in economia. Il sostegno alle imprese deve essere un pilastro degli interventi pubblici per raggiungere l’empowerment femminile e contribuire così a uno sviluppo equo e sostenibile. In particolare, bisogna potenziare il Welfare e agire sulla leva della fiscalità, prevedendo la detraibilità delle spese sostenute dalle imprenditrici per servizi di assistenza domestica e familiare a supporto dei lavori di cura e di conciliazione vita-lavoro. Altrettanto importanti sono misure nel campo dell’istruzione che favoriscano l’accesso delle giovani all’acquisizione di competenze STEM, linguistiche e digitali e a interventi mirati a promuovere la cultura dell’impresa femminile».

Qual è la chiave di volta per mettere l’innovazione al centro nel nostro Paese?

«L’innovazione e la digitalizzazione devono far parte di una riforma strutturale dello Stato che promuova più democrazia, uguaglianza, etica, giustizia e inclusione, generando una crescita sostenibile nel rispetto dell’essere umano e del nostro pianeta. La strategia di innovazione affonda le radici negli obiettivi di sviluppo sostenibile, la cui analisi ha portato all’individuazione di tre sfide principali: la digitalizzazione, l’innovazione del Paese e lo sviluppo sostenibile ed etico della società nel suo complesso».

Qual è il ruolo delle donne nell’ecosistema innovativo?

«L’innovazione tecnologica non è un settore per donne. Le imprenditrici sono più giovani degli imprenditori, ma il gap di genere permane. In questo campo persiste un forte squilibrio che le penalizza. Anche se una ragazza scegliesse di intraprendere un percorso di studi STEM, arrivata sulla soglia del mondo del lavoro troverà un settore dominato prevalentemente da uomini. Solo il 28% della forza lavoro complessiva nell’ambito di scienza, tecnologia, ingegneria e matematica è di sesso femminile, e le donne inquadrate in posizioni entry level hanno meno possibilità di essere promosse dei propri colleghi uomini. Se poi hanno figli, la situazione peggiora».

In che modo Angels4Women favorisce le Startup lanciate da imprenditrici?

«Angels4Women nasce per supportare l’imprenditorialità e l’ecosistema dell’innovazione al femminile. La nostra mission è quella di far incontrare le nostre socie e le migliori imprenditrici, con l’obiettivo di investimenti early stage. Vogliamo in questo modo ridurre il divario tra i generi e sostenere le donne che hanno deciso di mettersi in gioco fondando una Startup e sfidando gli stereotipi. A4W a tale scopo svolge principalmente attività d’investimento, ma anche di formazione e di promozione di eventi riguardanti l’Angel Investing e l’imprenditoria femminile».

Le giovani riescono a ottenere spazio di manovra in Italia?

«L’imprenditoria femminile a livello globale ha sperimentato una grande crescita negli ultimi anni, con un numero sempre maggiore di aziende fondate e dirette da donne. Tuttavia, i dati mostrano che permangono significativi divari di genere. Nonostante i progressi, le imprese femminili italiane devono ancora affrontare ostacoli notevoli. Di questi, il principale è la difficoltà di accesso al credito, ma vi sono anche complessità legate alla formazione, al networking e ancora agli stereotipi culturali e ai pregiudizi nei confronti delle donne. L’imprenditoria femminile è infatti minoritaria: solo il 20,4% delle Startup è fondato da donne, con il 50% di investimenti in meno rispetto alle imprese maschili. Ciononostante, le Startup in rosa hanno risultati migliori: i ricavi sono superiori del 10% rispetto a quelli dei colleghi e la probabilità che le compagnie che crescono più velocemente (oltre il 200%) siano fondate da donne è più alta del 75%».

Un capitolo fondamentale è quello della parità di trattamento sul luogo di lavoro. Il divario occupazionale può essere combattuto?

«La vera pari opportunità è la possibilità di scegliere, è la libertà. Siamo in una situazione di policrisi: demografica, economica e sociale. Al contempo, stiamo vivendo una rivoluzione tecnologica che avrà grande impatto: l’85% dei lavori saranno inventati o reinventati nei prossimi 4-5 anni. L’unica certezza che abbiamo è che saranno legati alle discipline STEM, campi in cui non ci sono abbastanza donne».

Quali sono i prossimi passi per raggiungere pari trattamenti tra i sessi nel Mercato del lavoro?

«La giustizia è un fattore di sviluppo economico. L’attuale situazione di “affanno” del settore come conseguenza dell’emergenza sanitaria ha un peso enorme sulla ripresa del nostro Paese. Servono non solo riforme, ma soprattutto investimenti. Perché le riforme a costo zero per raggiungere pari riconoscimenti non hanno mai funzionato e non funzioneranno mai».

Oltre al lavoro, c’è anche la vita privata. Come raggiungere questo delicato equilibrio?

«Il work-life balance è un concetto molto ampio, che indica la capacità di equilibrare il lavoro,
inteso come carriera e ambizione professionale, e la vita privata, intesa come famiglia e svago. Si configura come un processo continuo e dinamico, caratterizzato dalla necessità costante di adattamento. Il raggiungimento e il mantenimento di un bilanciamento è un impegno collettivo, che richiede la partecipazione attiva di tutti gli attori coinvolti. Con una consapevole attenzione a questi aspetti e un impegno continuo nel promuovere un ambiente di lavoro flessibile e supportivo, è possibile costruire un contesto in cui realizzazione personale e professionale possano coesistere armoniosamente. La ricerca di un equilibrio sano è un investimento che ripaga non solo a livello individuale, ma che contribuisce anche a un ambiente lavorativo più positivo e produttivo nel suo complesso».

Il W7 si è da poco concluso, cosa possono aspettarsi le donne per il futuro?

«Empowerment finanziario, giustizia economica, lotta alla violenza contro le donne e tematiche trasversali come l’intelligenza artificiale sono stati i temi al centro del summit. Il comunicato ufficiale dell’evento chiede ai leader del G7 di adempiere agli impegni presi per garantire l’equità di genere e intergenerazionale. A questo si somma una trasformazione che garantisca un’equa rappresentanza delle donne e delle ragazze a tutti i livelli decisionali entro il 2030 e la promozione della partecipazione femminile, con obiettivi di genere attraverso piani d’azione nazionali. La richiesta è altresì quella di attuare riforme per garantire maggiore partecipazione delle donne al lavoro e un accesso paritario alle opportunità di carriera, la salvaguardia dai pregiudizi, fissando standard di inclusività e prevenendo valutazioni consapevoli dell’impatto algoritmico, sproporzionato su donne, ragazze e persone LGBTQIA+».

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📸 Credits: Canva.com

Articolo tratto dal numero del 15 giugno 2024 de il Bollettino. Abbonati!

Determinata, ambiziosa, curiosa e precisa. La passione per il giornalismo mi guida fin da bambina. Per Il Bollettino mi occupo di Startup e innovazione, curo le interviste video ai player del settore e seguo da anni la realtà delle PMI.