mercoledì, 16 Ottobre 2024

Organ-on-chip: nuove prospettive per il pharma

Sommario

La salute digitale viene da acque burrascose. Nel 2023, ha subito maggiori cali di finanziamenti e accordi rispetto al dato generale di tutti i settori. I finanziamenti globali per la sanità digitale si sono dimezzati per il secondo anno consecutivo nel 2023, mentre gli accordi sono diminuiti di oltre un terzo. Con appena 13,2 miliardi di dollari raccolti in 1.397 operazioni, i finanziamenti e il numero di transazioni nel 2023 sono scesi ai livelli più bassi rispettivamente dal 2016 e dal 2014. Questo ciò che rivela l’ultimo report di CB Insights sullo Stato della Salute Digitale.

Il peggio, però, potrebbe già essere passato. E un dato, in particolare, mostra una resilienza che potrebbe accelerare la ripresa. Nonostante i cali, la dimensione media delle transazioni è rimasta pari a 4 milioni di dollari, la più alta mai registrata. Un segnale positivo, che rema controcorrente. Mentre la dimensione media degli accordi nel settore della sanità digitale è in aumento da oltre un decennio, le dimensioni degli accordi di Venture Capital in generale si sono sgonfiate a partire dal 2021.

«Il Mercato globale degli organ-on-chip si prospetta in crescita significativa nei prossimi anni. Si stima che il suo valore raggiungerà circa 631 milioni di dollari entro il 2029, partendo da 123 milioni di dollari nel 2024, con un tasso di crescita annuale composto del 40% circa. Quindi un’opportunità notevole per compagnie come la nostra. L’Harmonization Act approvato dal Congresso degli Stati Uniti nel 2022 e i cambiamenti regolatori stanno creando nuovi e significativi margini di crescita per il settore. La crescente accettazione da parte delle agenzie, come la FDA e l’EMA, di dati ottenuti da questi modelli per la valutazione della sicurezza e dell’efficacia dei farmaci sta accelerando l’integrazione delle tecnologie OOC nei processi di sviluppo farmaceutico. Questa evoluzione normativa sta catalizzando investimenti ingenti da parte di aziende biotecnologiche e farmaceutiche, creando così un Mercato in espansione», dice Maurizio Aiello, Co-Founder & CEO di React4Life.

Qual è la novità che proponete, come Startup?

«Quando una biotech o una casa farmaceutica sviluppa un nuovo farmaco, prima di poter essere distribuito ai pazienti, deve essere testato estensivamente. Noi mettiamo a disposizione una piattaforma tramite la quale è possibile ricreare completamente in laboratorio organi umani. Su cui poi testare diversi aspetti dei farmaci, come sicurezza, efficacia o biodistribuzione all’interno del corpo. La nostra piattaforma MIVO è un innovativo sistema organ-on-chip (OOC) brevettato in tutto il mondo e 100% Made in Italy».

Quali sono i benefici del vostro approccio?

«Oggi oltre l’80% dei farmaci potenziali viene scartato nel momento in cui viene testato sull’uomo. Ma per arrivare a questo passaggio occorre un tempo molto lungo (circa 13 anni) e costi molto alti (da 1 a 3 miliardi di dollari). Ciò è dovuto alle fasi che precedono il test clinico sull’uomo, che prendono il nome di precliniche. Siccome avvengono su animali o tramite test semplicistici in laboratorio, è possibile che durante questa fase vengano selezionati i farmaci sbagliati, che in seguito falliscono. Grazie a MIVO, che utilizza modelli che riproducono l’essere umano, anche in fase preclinica vengono selezionati i composti corretti, con notevole risparmio di tempo e costo, diminuendo inoltre l’uso immotivato di animali nei laboratori».

Queste nuove tecnologie hanno raggiunto anche la medicina?

«Una delle promesse maggiormente significative degli organ-on-chip è la medicina personalizzata. La possibilità, ad esempio, di prelevare una biopsia tumorale dal paziente, per poterla mantenere in vita in un dispositivo che simuli il corpo umano, e testare su questo avatar diversi farmaci per individuare quello più efficace, sta diventando realtà. Molteplici organizzazioni stanno lavorando su questa sfida e in poco tempo potremo proporre risposte ai quesiti posti dai clinici in questo senso».

In cosa vi differenziate dalla concorrenza?

«I test attualmente in uso in laboratorio sono molto semplicistici, e non rappresentano la complessità dell’essere umano. Il nostro sistema permette di coltivare tanti tipi di cellule contemporaneamente, raggruppandole a formare un tessuto, ovvero una struttura tridimensionale che riproduce le funzioni dell’organo reale. Inoltre, riusciamo a introdurre i fluidi che irrorano il tessuto, veicolando farmaci e cellule del nostro sistema immunitario, proprio come fa il nostro sistema circolatorio. Questo è una unicità del nostro sistema, che tra l’altro consente di collegare diversi organi uno con l’altro, creando un vero e proprio body-on-chip. Queste caratteristiche ci consentono di testare immunoterapie, di studiare malattie autoimmuni e patologie complesse che coinvolgono più organi, come nel caso del cancro metastatico».

Qual è il background dei fondatori?

«Silvia Scaglione è l’anima scientifica del progetto: ingegnere biomedico che ha lavorato in team internazionali multidisciplinari, ha un centinaio di pubblicazioni scientifiche ad alto impatto, e per la sua capacità di trasformare la ricerca di base in innovazioni utili per la società è stata nominata Ambassador dal Consiglio dell’Innovazione della Commissione Europea. Io invece rappresento la parte imprenditoriale e strategica. Laureato in fisica, ho fondato altre due aziende in settori diversi e ho ricoperto incarichi di rappresentanza per il Governo italiano presso la Commissione Europea, oltre a presiedere diversi Consigli di Amministrazione. In React4Life, mi occupo della parte strategica e gestionale, valorizzando il potenziale economico della nostra tecnologia innovativa. Il nostro team è multidisciplinare a prevalenza femminile e include ingegneri, biologi, fisici e immunologi».

Come vi posizionate in termini di business?

«Il Mercato dell’organ-on-chip è agli albori, ma in forte espansione. Questo perché gli enti regolatori (EMA, FDA) stanno spingendo verso lo sviluppo e l’adozione di tecnologie alternative alla sperimentazione animale. Il nostro modello di business è orientato alla vendita di prodotti e servizi rivolti ad aziende farmaceutiche, istituti di ricerca e università. A livello europeo, facciamo parte di un pool di 3-4 aziende punto di riferimento nel settore: abbiamo lanciato il nostro primo prodotto tre anni fa, raggiungendo centinaia di clienti nel mondo tra cui multinazionali farmaceutiche di primo piano».

È stato difficile trovare sostegno finanziario?

«Il discorso è complesso, bisogna considerare le molteplici forme di funding, pubblico e privato. Abbiamo cominciato il nostro percorso vincendo progetti competitivi, di varia natura, in Italia e in Europa, tutti orientati allo sviluppo del prodotto o di parti di esso, e all’analisi di Mercato. La parte più importante è stata svolta dall’Europa, che ha un solido protocollo di valutazione basato sul merito e sull’opportunità di Mercato. Il funding privato, che si ottiene tramite cessione di azioni dell’azienda, è stato ottenuto principalmente tramite conoscenze personali, reclutando singoli finanziatori che ci conoscono o che hanno avuto occasione di farlo, tramite operazioni di crowdfunding.

Grande assente è invece il mondo del Venture Capital italiano, che non cerca disruptive technology ma piuttosto business model semplici, che possano garantire ritorni apparentemente sicuri. Fortunatamente le cose stanno cambiando grazie al Venture Capital di Stato, come CDP e i fondi del Ministero delle Attività Produttive (ENEA Biotech). La situazione all’estero è completamente differente, ma raccogliere capitali oltreconfine significa dover spostare i diritti di proprietà intellettuale e la legislazione nello Stato di appartenenza del VC, una scelta che per il momento abbiamo deciso di non intraprendere, in parte a danno della velocità di crescita della compagnia. Ad oggi, abbiamo raccolto complessivamente due milioni di euro».

La realtà dell’organ-on-chip è ancora poco conosciuta in Italia?

«Al momento sì, è ancora meno conosciuta rispetto ad altre consolidate o rispetto ad altri Paesi dove vi è un maggiore impegno strategico e politico nel settore: in America o Olanda, ad esempio, è ridondante spiegare a un pubblico di investitori cosa sia un organ-on-chip, e questo agevola decisamente le aziende nostre concorrenti. Tuttavia, dal momento che il nostro è un Mercato globale, l’attenzione commerciale e finanziaria si sposta verso l’estero, mantenendo il settore ricerca e manufacturing in Italia, considerata l’eccellenza del patrimonio umano del nostro Paese, basata su creatività e tecnologia, per un prodotto 100% Made in Italy. Il modello di riferimento è quello della dual company».

Quali sono i vostri progetti di sviluppo per il futuro?

«Abbiamo un preciso piano di crescita aziendale, che si sviluppa su diversi assi: vogliamo raddoppiare il personale entro un anno, rinforzando il reparto R&D con nuovi prodotti e la forza vendita per espanderci più rapidamente. Stiamo valutando l’apertura di nuove sussidiarie in Paesi esteri e abbiamo già in essere collaborazioni con la Cina e il Mercato del Far East. Per fare questo siamo alla ricerca di fondi che possano accelerare la crescita. Inoltre, stiamo lavorando per ottenere una validazione ufficiale dei nostri organ-on-chip da parte degli enti regolatori. Questo processo prevede la generazione di una significativa quantità di dati comparativi tra i nostri sistemi e i dati clinici o derivati dalla sperimentazione animale. L’obiettivo è dimostrare la riproducibilità e la robustezza dei nostri organ-on-chip, confermandone l’affidabilità e l’efficacia per l’uso in studi preclinici e tossicologici».

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📸 Credits: Canva.com

Articolo tratto dal numero del 1 settembre 2024 de il Bollettino. Abbonati!

Determinata, ambiziosa, curiosa e precisa. La passione per il giornalismo mi guida fin da bambina. Per Il Bollettino mi occupo di Startup e innovazione, curo le interviste video ai player del settore e seguo da anni la realtà delle PMI.