mercoledì, 16 Ottobre 2024

Bellicini, CRESME: «Il rischio nelle costruzioni? Non avere fondi. Sono diminuiti di oltre 4 miliardi per mese»

Sommario
costruzioni

Il mondo dell’edilizia vive un momento di profondo cambiamento, mentre vengono meno alcune certezze: la fine del Superbonus e le difficoltà del contesto macroeconomico potrebbero ridimensionare il ritmo di crescita del settore. Tuttavia, nella prima metà dell’anno le aziende restano resilienti e pronte a far fronte alle difficoltà. «Il 2023 è stato un anno buono», dice il Direttore Tecnico di CRESME Ricerche, Lorenzo Bellicini. «Ma bisogna tenere conto del fatto che è un settore con un’inerzia importante, quindi è difficile raccontare quello che succede in itinere».

Costruzioni, il comparto tiene

Nonostante le difficoltà, il comparto si conferma ancora uno dei traini dell’industria italiana. Nel primo trimestre, il 46% delle imprese della filiera ha visto il suo fatturato crescere. Parallelamente, nello stesso periodo sono aumentati anche gli stipendi dei collaboratori e la produttività. L’output è salito dell’1,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A marzo, la filiera contava oltre 756.000 aziende attive (SAIE), di cui più della metà (54%) ha visto il suo fatturato crescere durante lo scorso anno. Percentuali che portano a prevedere una chiusura di annata con il segno più per il 47% delle imprese. Buone notizie anche dal portafoglio ordini, giudicato adeguato dall’82% dei soggetti (Fonte: GRS Research & Strategy). Allo stesso tempo, 9 aziende su 10 si sono dette soddisfatte dell’andamento economico, considerato medio-alto.

costruzioni

Nei primi tre mesi del 2024 aumentano anche gli stipendi dei collaboratori per il 19% delle aziende, mentre rimangono invariati per il 77%. I punti di forza sono: sostenibilità, innovazione e formazione.

«Per quanto riguarda le previsioni, siamo passati da 5 miliardi di interventi al mese previsti con il Superbonus a 60 milioni di euro. Il 73% del Mercato è fatto di interventi ordinari e straordinari e gli effetti del taglio del bonus si iniziano già a vedere se guardiamo al portafoglio di ordini, pagamenti, contenziosi. Quest’ultimo, in particolare, è un tema importante, perché ci sono pezzi di Mercato rimasti sospesi. Non si riescono a trovare le certezze e i modi per collocare i crediti acquisiti, il che determina una serie di problematiche che avranno effetti importanti. Per quanto riguarda le opere pubbliche, siamo di fronte a una fase espansiva, grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ma anche ad altri investimenti in opere pubbliche, che sono entrati in una fase realizzativa molto importante. Se si realizzasse tutto quello che c’è in ballo saremmo davanti a un nuovo processo di modernizzazione.

Nel 2021 abbiamo raggiunto i 40 miliardi di euro, somma poi raddoppiata nel 2022-2023. Sicuramente, di fronte a questa domanda c’è un problema di capacità operativa, ma bisogna anche dire che il sistema di rendicontazione è indietro rispetto alla realtà. Tenere traccia di quello che si sta facendo è burocraticamente complesso. Infatti, per definire lo stato reale delle opere bisogna avere compiuto tutti i passaggi burocratici. Il problema è che attualmente le stazioni appaltanti, i Comuni in particolare, sono sommerse da queste richieste di informazioni. C’è un problema di rappresentazione di quello che sta succedendo. Ma questo non esclude che una parte dei problemi sia dovuta anche a ritardi».

Costruzioni, cosa riserva il futuro

Il futuro, insomma, è un’incognita per il comparto, che rappresenta una delle eccellenze del Made in Italy. «Nei prossimi dieci anni avremo davanti sfide importanti. Una delle prime domande è cosa succederà nel 2027/2028. Il mondo delle costruzioni si dividerà in due grandi aree. Da una parte domanda e offerta che vanno verso l’innovazione, dall’altro ci sarà un mondo che resterà indietro. C’è un tema dei pesi di questo cambiamento nel Mercato. Senza spingersi verso l’innovazione sarà difficile raggiungere gli obiettivi di sostenibilità. Le imprese delle costruzioni coprono il 5% del valore, ma il valore aggiunto della filiera arriva al 20/25%.

È un contesto colpito in pieno dalle questioni sulla sostenibilità e sul cambiamento climatico. Senza contare che la digitalizzazione nei prossimi 15 anni porterà cambiamenti rilevanti e non si può rimanere indietro. Uno dei vantaggi principali sarà la possibilità di eliminare i costi legati agli errori e ai processi. Ma il settore si trova davanti a una sfida cruciale».

edilizia

Tornando al presente, il 2024 si chiuderà con il segno meno sul fronte di spesa e investimenti, nonostante il supporto dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e resilienza, secondo le stime (36° Rapporto congiunturale e previsionale del CRESME). Una decisa inversione di tendenza rispetto agli ultimi anni,che hanno visto una crescita importante degli afflussi, grazie anche al Superbonus 110% e gli altri incentivi per la riqualificazione degli edifici. Proprio su questo fronte, si prevede che la spesa nel rinnovo residenziale a dicembre faccia registrare una riduzione del 26,5% rispetto al 2023. In generale, gli investimenti nel settore delle costruzioni caleranno del 9,5% in 12 mesi.

Le buone notizie

La nota positiva è rappresentata dalla spesa in opere pubbliche, che vedrà un aumento dell’11,4% rispetto al 2023. Cresce ancora il settore pubblico, dopo l’aumento del 19,8% del 2023 rispetto al 2022, ma la buona performance rischia di non essere sufficiente ad equilibrare il calo negli altri comparti. Si prevede una decrescita anche del valore della produzione del 7,7%, attutito solo in parte dalla manutenzione ordinaria. Complessivamente, la spesa tra investimenti, manutenzione ordinaria e impianti rinnovabili ammonterà a 279,1 miliardi di euro, contro oltre 300 miliardi nell’anno passato.

Numeri che non fanno ben sperare l’edilizia e preoccupano ancora di più dopo l’approvazione della direttiva Case Green, nonostante il voto contrario di Italia e Ungheria. Il nostro Paese avrà due anni per definire un percorso che ci consenta di raggiungere l’obiettivo fissato dall’Europa di una riduzione dei consumi del settore del 16%. Per raggiungere il target sarebbero necessari diversi miliardi di euro di investimenti in più.

Al contrario, il trend in Italia sarà opposto. E il rischio è che l’ingente spesa per la riqualificazione degli edifici ricada interamente sui privati cittadini. Infatti, a dispetto delle apparenze, la quota degli investimenti incentivati riservati alle imprese del comparto sono ammontate tra il 20 e il 25% del totale degli ultimi anni. La restante percentuale ha portato benefici all’intera economia italiana: industria, commercio, progettisti e piattaforme tecnologiche, banche e intermediari finanziari (CRESME).

Ad aggravare ancora di più la situazione, si prevedono segnali di contrazione anche nella nuova produzione residenziale. Infatti, nel 2024 e 2025 calerà rispettivamente del 4,1% e del 3,6%. Un trend aggravato dall’inversione del ciclo delle compravendite immobiliari, che hanno visto un calo del -9,6% nel 2024 e del -7,2% nel primo trimestre del 2024. Le performance migliori riguardano il comparto non residenziale, che ha fatto registrare un incremento delle compravendite dell’1,9% nel 2023 e del 9,2% nei primi tre mesi del 2024, sebbene siamo lontani dai livelli record del 2021 (+36,9%) e dalla crescita del 2022 (+5,9%). Una fotografia che evidenzia il calo dell’edilizia privata, nei settori del nuovo e delle ristrutturazioni.

I problemi delle costruzioni

Burocrazia e carenza di manodopera sono due dei problemi che impatteranno maggiormente sul settore delle costruzioni da qui al 2027. In particolare, la carenza di forza lavoro qualificata è alla terza posizione dei fattori considerati più critici dagli imprenditori, preceduta dal costo delle materie prime e dalla burocrazia. Nell’ultimo anno quasi 4 aziende su 10 hanno avuto difficoltà nel reperire manodopera qualificata. Inoltre, gli operai altamente specializzati continuano a essere tra le figure più ricercate nel settore, insieme agli impiegati (rispettivamente 23% e 31%).

Per arginare il problema della mancanza di addetti, le aziende stanno investendo nel personale già assunto, puntando anche sulla formazione interna. Nel 2024, il 67% delle aziende ha dedicato dalle 10 alle 30 ore al potenziamento delle competenze. Il 57% degli imprenditori indica l’allargamento della rete di contatti come una delle priorità per la crescita. I problemi maggiori arriveranno però dopo il 2027, quando i grandi investimenti pubblici sulle infrastrutture si fermeranno.

Da qui al 2027 le opere pubbliche continueranno a beneficiare dei fondi del PNRR. Al contrario, la riqualificazione continuerà a perdere slancio, se non verranno messi in campo nuovi interventi o politiche robuste sul settore. La grande Cenerentola del settore attende da anni un riordino delle regole e soprattutto di risorse nazionali. Uno degli interrogativi maggiori è: cosa succederà? Un ruolo centrale lo avranno le nuove tecnologie, prima fra tutte l’Intelligenza Artificiale, un’innovazione che si inizia ad affacciare nel mondo delle costruzioni.

Oggi siamo ancora ai primordi, solo il 6% la utilizza nei propri processi industriali. Il 30%, al contrario, non la usa e non ha alcuna intenzione di farlo nel prossimo futuro Inoltre, il 50% degli imprenditori del settore non si è fatto un’idea sul reale potenziale dell’AI. Al contrario, il 30% considera questa innovazione in modo positivo, mentre il 16% dei costruttori la vede come un rischio o una minaccia. A ogni modo, già il 6% utilizza l’IA nei propri processi industriali e il 30% non la sfrutta ma ha intenzione di introdurla in futuro.

costruzioni

Già nell’immediato, un’altra delle tecnologie che avrà l’impatto maggiore è il 5G, presente già nel 34% delle imprese, con il 7% che ha già pianificato di implementarlo. E poi gli avanzamenti nel campo di sicurezza informatica e cloud computig, che quest’anno hanno trovato sempre più spazio (rispettivamente nel 49% e nel 40% delle imprese). Per quanto riguarda invece le iniziative legate alla sostenibilità, si distinguono l’uso di dispositivi a basso consumo energetico (51%), l’acquisto di macchinari e impianti efficienti (35%) e il contenimento delle emissioni atmosferiche (27%). ©

Articolo tratto dal numero del 1 ottobre 2024 de il Bollettino. Abbonati!

Il mio motto è "Scribo ergo sum". Laureato in "Mediazione Linguistica e Interculturale" ed "Editoria e Scrittura" presso La Sapienza, mi sono specializzato in giornalismo d’inchiesta, culturale e scientifico. Per il Bollettino mi occupo di energia e innovazione, i miei cavalli di battaglia, ma scrivo anche di Mercati, spazio e crypto.