mercoledì, 16 Ottobre 2024

Il lusso frena, ma i super ricchi restano in sella

DiIlaria Mariotti

15 Ottobre 2024
Sommario

ll settore dei beni e servizi di prestigio traballa. E la prima vittima è la moda. Lo confermano i Fashion economic trends diffusi dalla Camera nazionale della moda italiana (CNMI), secondo cui il fashion italiano, allargato ai settori collegati come occhialeria e beauty, chiuderà il 2024 a 97,7 miliardi di euro di ricavi, in frenata del 3,5% rispetto al 2023. I ricavi, intanto, tornano di nuovo sotto i 100 miliardi di valore. La tendenza, però, è globale. Il Mercato del luxury si trova in acque turbolente dopo i picchi record del 2023, quando il suo valore complessivo è stato di 1.500 miliardi di euro (Fonte: Bain & Company Luxury Goods Worldwide Market Study). I segnali di indebolimento sono inequivocabili.

Le oscillazioni sono cominciate a partire dall’ultimo trimestre 2023, proprio in corrispondenza con l’esplosione del conflitto israelo-palestinese di ottobre. Dopo una crescita del Mercato del 12% nel primo trimestre 2023, poi scesa a +8% nel periodo aprile-giugno, arriva il tonfo e per la prima volta il segno meno. La quota balza quindi a -3% a ottobre, per poi risalire del 2% a fine anno. Ma anche il 2024 non comincia nel migliore dei modi, con una crescita del Mercato di appena due punti.

Il costo del denaro

Il calo è da attribuire in primis alla crescita del costo del denaro. E non è da escludere neppure una diversa percezione da parte della clientela – perfino di quella che ha meno problemi a spendere – rispetto al passato. Una sorta di cambio culturale, forse. In ballo ci sono i temi legati alla sostenibilità, ma anche gli interrogativi dei consumatori su una spesa che potrebbe essere considerata eccessiva rispetto al reale valore del bene. Sembrerebbe superata insomma la smania nei confronti dei brand più prestigiosi.

In seconda battuta, il trend negativo può essere attribuito alle crisi geopolitiche in corso, alle tendenze macroeconomiche e anche al calo del PIL cinese, che sul Mercato del lusso ha una forte influenza, considerando come i ricavi dei beni più costosi siano in buona parte da collegare proprio alle vendite ai cinesi dei brand europei più esclusivi. Il Paese vive infatti da tempo una fase di crisi, specie nel settore immobiliare che aveva invece finora trainato l’economia. A corollario ci sono l’altissima disoccupazione giovanile, e i consumi di conseguenza in discesa.

Borse in rosso

Che i tempi d’oro del lusso fossero finiti, o che quantomeno l’entusiasmo si fosse ridotto lo si evince dalle quotazioni in Borsa. Sempre guardando ai report del primo semestre del 2024, emerge come i ricavi del più importante gruppo del lusso al mondo, LVMH, che ha in pancia aziende del calibro di Louis Vuitton, Dior, Bulgari e Fendi, oltre a brand di champagne come Moët & Chandon e Dom Pérignon, risultano in discesa dell’1% rispetto al primo semestre del 2023. Il calo registrato in Cina, suo Mercato di riferimento, è del 14%. Le perdite per vini e alcolici sono del 14% minori, mentre orologi e gioielli calano del 5%. L’abbigliamento del 2%. Dal canto suo Kering, proprietario Gucci, Balenciaga, Saint Laurent e Bottega Veneta, ha visto scendere il fatturato dell’11% rispetto al secondo trimestre dello scorso anno. Per Gucci in particolare il tonfo è netto, con ricavi in calo del 20%. Burberry fa perfino peggio, con vendite che segnano il -21%.

Il patrimonio dei miliardari

Non a caso, il patrimonio dei miliardari che devono la loro ricchezza al settore del lusso parrebbe essere sceso nel 2024 del 5%, con una perdita complessiva di 24 miliardi di dollari (Fonte: Bloomberg). Tra i paperoni del lusso più colpiti c’è proprio Bernard Arnault, proprietario di LVMH e un tempo uomo più ricco al mondo (ora surclassato da Elon Musk). A seguire Françoise Bettencourt-Meyers, erede di L’Oréal e un tempo donna più ricca al mondo, e che ora si trova invece a pari merito con Alice Walton, una dei proprietari della grossa catena di supermercati statunitense Walmart.

Non sarà che i prezzi sono rincarati un po’ troppo anche per chi può permettersi acquisti dalle cifre astronomiche? Dal 2019 a oggi l’aumento dei prezzi dei marchi di moda è stato pari al 25% (Fonte: New York Times). Un rincaro forse impercettibile per la classe dei miliardari, ma non per i semplici benestanti, che rappresentano una grossa fetta – se non la maggiore – degli acquirenti dei beni di lusso. Basti pensare al prezzo della nota borsa Speedy di Louis Vuitton, più che raddoppiato nel giro di tre lustri. Se intorno al 2010 il costo era di 600-700 euro, nel 2024 il prezzo supera i 1.500 euro, lo stipendio medio di un italiano. Il che preclude la possibilità di acquistarla a chi prima avrebbe forse potuto permettersela.

Chi sono i VIC

A mostrare la tenuta migliore sono i beni destinati alla fascia più alta di acquirenti. Si tratta dei cosiddetti Very Important Clients, anche detti clienti ‘Beyond Money’, i più rilevanti per i brand. Si calcola che siano circa 500mila individui che rappresentano il 20-25% del Mercato totale del lusso e crescono del 10% ogni anno (CAGR). Una ristrettissima minoranza immune ai cicli economici e alle crisi geopolitiche, e che considera il lusso essenziale, un bene primario. Tanto che rispetto ai semplici benestanti, sempre secondo lo studio di Altagamma, hanno più che raddoppiato la propria spesa nell’ultimo decennio.

Per orientarsi nella prospettiva di questa categoria, conviene indicare quali siano i margini di spesa. A persona, si legge, l’esborso annuale è superiore a 50mila euro. Un fenomeno alimentato dalla crescente ricchezza degli ultra-high-net-worth individual (i soggetti con un patrimonio superiore ai 30 milioni di dollari), che ha raddoppiato la propria quota di Mercato dal 2013, raggiungendo un tasso di crescita annuale composto (CAGR) del 10%, il doppio di quello del Mercato del lusso.

Non a caso sono proprio i beni di più alto posizionamento, quelli destinati in sostanza ai super ricchi, a registrare le performance migliori di tutti. Non sembrano risentire del Mercato in crisi brand come Hermès, Brunello Cucinelli e Loro Piana (che rientrano nel gruppo LVMH). Nel paniere del lusso, la francese Hermès lo scorso agosto ha chiuso una performance in crescita del 19% su base annua, eguagliando il risultato di Richemont. Sono aziende che offrono alla clientela capi di abbigliamento che afferiscono al cosiddetto quiet luxury, uno stile che prevede vestiario dai colori neutri e design minimale, segno distintivo di questa fetta di Mercato, che ricerca raffinatezza e soprattutto esclusività.

Resiste il Made in Italy

In coerenza con la solidità del segmento VIC, anche i brand più elitari del Made in Italy segnano una tenuta maggiore. Sono marchi che fanno a loro volta eccezione rispetto al resto del settore del lusso, e mostrano solidità. A giustificare il buon andamento, la qualità dei loro prodotti, caratterizzati dall’esclusività più assoluta. E per questo ancora apprezzati da una fetta ristretta di altospendenti fedeli alla produzione italiana. A mantenere la rotta verso l’alto sono Moncler, in crescita del 6%, Brunello Cucinelli, del 7%, e soprattutto Prada, del 34%. Il freno cinese non ha agito sui conti di Moncler, per cui è aumentata l’incidenza asiatica nei primi sei mesi 2024, passando dal 48,9% al 49,3%.

L’esito è stato un fatturato maggiore di 8 punti sull’anno precedenti. Crescita che si è accompagnata a rialzi anche nella marginalità. Fatturato in positivo anche per Prada, il cui giro d’affari ha registrato un incremento a doppia cifra nel primo semestre, +14,2%. Anche qui, come per Moncler, i margini si allargano. Non per niente, con un aumento del 34% da inizio anno il titolo Prada guida i rialzi in Borsa del paniere. Non è da meno Cucinelli, la cui società ha presentato ricavi in crescita a doppia cifra: +14% su base annua nel primo semestre del 2024. Particolarmente rilevante è l’espansione nelle Americhe e in Asia, con le vendite in Cina giudicate “molto positive” dal management, a differenza del contributo legato alle Olimpiadi di Parigi. L’azienda ha anche fatto sapere che le attese sono ottimistiche per il futuro, prevedendo una crescita del 10% per il 2024 e puntando a raddoppiare i ricavi entro il 2030.

La ripresa della High Street

Agli acciacchi vissuti dal lusso fa da contraltare la nuova ribalta della High Street, comparto in cui confluiscono i brand presenti nelle principali vie dello shopping delle grandi città. Il paniere dei titoli della moda in questo segmento lascia nell’ultimo anno i marchi del lusso nettamente indietro. Confrontando le performance di dieci dei maggiori esponenti del comparto High Street con quelle di dieci capisaldi del lusso di Europa e Regno Unito, selezionati in base alla capitalizzazione di Mercato, la percentuale di crescita è del 17% contro il 3% (Fonte: eToro). Un’inversione di tendenza che non si vedeva da tempo, considerando che titoli del lusso come LVMH e Hermès hanno battuto ripetutamente il fast fashion negli ultimi cinque anni.

A cosa si deve la risalita del settore? «L’allentamento dell’inflazione e delle pressioni sui costi sembra aver dato il via a una rinascita di alcuni dei più grandi nomi della grande distribuzione, come Inditex, Zalando e OVS», ha commentato Gabriel Debach, market analyst di eToro. Proprio il primo, gruppo spagnolo proprietario tra gli altri di Zara, Oysho, Bershka e Stradivarius, è tornato di recente sulla cresta dell’onda grazie a numeri record di vendite.

Il fatturato

Il fatturato del 2023 è stato di 35,9 miliardi di euro in crescita del 10,4% sia in store sia online e in tutte le aree geografiche. L’utile netto è aumentato del 30,3% a 5,4 miliardi di euro. Anche gli azionisti ne hanno beneficiato, con un premio salito del 30% in un anno. «Non tutto il settore, però, partecipa alla rincorsa» ha evidenziato Debach. «Marchi come ASOS e SMCP stanno continuando a lottare, complici i cambiamenti nelle abitudini di acquisto e nella moda». Alcune di queste aziende in difficoltà «potrebbero guardare oltreoceano per trarre ispirazione da realtà come Abercrombie, che hanno cambiato le cose tornando alle origini, risparmiando sui costi e comprendendo meglio i propri clienti».                                    

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📸 Credits: Canva   

Articolo tratto dal numero del 15 ottobre 2024 de il Bollettino. Abbonati!

Giornalista professionista, classe 1981, di Roma. Fin da piccola con la passione per il giornalismo, dopo la laurea in Giurisprudenza e qualche esperienza all’estero ho cominciato a scrivere. All’inizio di cinema e spettacoli, poi di temi economici, legati in particolare al mondo del lavoro. Settore di cui mi occupo principalmente per Il Bollettino.