mercoledì, 16 Ottobre 2024

Cinema, è boom di investimenti esteri

Sommario

Sul cinema e più in generale sul Mercato dell’audiovisivo italiano piovono capitali internazionali. Un comparto che vale di per sé 11 miliardi di euro, e che sembra adesso in grado di attrarre investimenti dall’estero, raggiungendo da qualche anno livelli inaspettati. Superati i tempi in cui ciò che inscenavano gli attori italiani si proiettava solo tra i confini nostrani, l’obiettivo del cinema sembra adesso la conquista degli spettatori stranieri. E i produttori esteri non si tirano indietro, rispondendo con un interesse sempre maggiore a mettere le mani sulle opere italiane. Lo dimostrano i dati: le coproduzioni internazionali sono salite del 51%. In più, nel solo 2022 sono stati investiti in Italia dalle produzioni internazionali cinematografiche 532 milioni di euro: più della somma totalizzata fra 2016 e 2021. Mentre i titoli italiani venduti all’estero sono schizzati del 123%.

Il valore di Mercato del cinema e della tv

In termini di valore di Mercato, nel triennio 2020-2022 si è arrivati a quota 103 milioni di euro per apporti da parte di produttori esteri per opere cinematografiche e televisive. Un numero che è del 49% superiore rispetto ai 69 milioni di euro registrati nel triennio 2017-2019. Dati che snocciola il report “Le serie e i film italiani sui mercati esteri: circolazione e valore economico”, pubblicato a ottobre 2023 da ANICA (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali) e Apa (Associazione Produttori Audiovisivi).

Che l’audiovisivo goda di ottima salute lo prova anche la crescita della produzione verificatasi negli ultimi anni. Nel corso del triennio 2020-2022 sono state prodotte in Italia 1.165 opere nei generi finzione, documentario e animazione, destinate ai diversi canali di distribuzione primaria, quindi sale cinematografiche, televisione e video on demand (VoD). L’incremento rispetto al triennio precedente è del 28%, perfino del 30 se si considerano le ore prodotte. È anche il risultato di un’accelerazione successiva al Covid-19, dovuta al posticipo di numerosi progetti nella fase della pandemia.

Le coproduzioni

L’apporto delle coproduzioni internazionali ha assunto un ruolo centrale. Su 2.072 opere prodotte fra il 2017 e il 2022, in 797 hanno superato la frontiera, di cui circa la metà sono coproduzione estera. ANICA fa sapere che i principali partner sono stati nell’ultimo triennio soprattutto Francia (73 titoli), Svizzera (31), Germania (24), Belgio (25) e Spagna (12). Opere che producono introiti di esportazione. Ed ecco quindi che a prendere quota è anche il valore dell’export, che si aggira tra i 106 e i 156 milioni, in netta crescita rispetto al 2017, quando la circolazione estera dell’audiovisivo italiano valeva solo un terzo delle cifre attuali.

Non sono quindi casuali le recenti fusioni di case di produzione nazionali con produttrici estere. Un caso è eloquente. A febbraio scorso Fremantle, che produce e distribuisce programmi di intrattenimento e serie tv nel mondo, ha sottoscritto un accordo di acquisto condizionato per Asacha Media Group, gruppo europeo leader nella produzione di contenuti d’intrattenimento. Fremantle è ai vertici del Mercato europeo insieme con Banijay, con un fatturato di 2,35 miliardi al 2022. La società è posseduta al 100% dal Gruppo RTL, controllato dalla tedesca Bertelsmann. A sua volta Asacha Media Group aveva nel 2020 acquisito la maggioranza di Stand By Me e Picomedia, colossi della produzione italiana. Stand By Me, con 35,5 milioni di euro di valore della produzione e un profitto netto pari a 2,5 milioni, Picomedia invece con un valore di produzione pari a 46,5 milioni di euro e un utile netto da 1,8 milioni. Un altro pezzo di produzione italiana che finisce sotto il controllo estero.

Il tax credit nel cinema

La presenza dei finanziamenti dall’estero è una salvezza per l’audiovisivo? Il dubbio è lecito per un settore che è stato spesso in affanno, specie nel post-pandemia, complice il calo drastico degli spettatori in sala, l’esplosione delle piattaforme online e la crisi della TV. Si punta così sulle produzioni ad alto budget e vocazione internazionale. Impresa non facile per l’Italia, dove nascono spesso pellicole di autori poco conosciuti all’estero, film talvolta a basso costo, commedie o film di genere non esportabili. C’è poi il discorso dei finanziamenti pubblici. In Germania lo Stato investe nel settore audiovisivo 9 miliardi di euro, in Francia 4 miliardi, in Gran Bretagna circa 5 miliardi. Da noi sul piatto c’è molto meno, all’incirca 2 miliardi di euro.

Ma c’è un punto a nostro favore. Ed è che in Italia esiste dal 2017 un meccanismo di aiuti per l’audiovisivo, noto come il tax credit. Cos’è? Un credito d’imposta pensato per sostenere le imprese nella produzione di film e serie tv. Ai produttori spetta così un credito pari al 40% del costo di produzione. Per quelli non indipendenti lo sconto sale al 25%.Più nel dettaglio è riconosciuto un credito di imposta in misura non inferiore al 15% e non superiore al 30% del costo complessivo di produzione di opere audiovisive, utilizzabile per compensare debiti tributari e contributivi fino all’ammontare massimo di 8 milioni per le opere cinematografiche e 10 milioni per le opere televisive e web, per anno fiscale e per impresa o gruppo di imprese.

I crediti di imposta nel cinema

Esistono poi crediti di imposta per lo sviluppo di opere cinematografiche, audiovisive e web, con un tetto nella compensazione pari a 300mila euro per anno fiscale e per impresa e un credito di imposta pari al 30% delle spese sostenute in Italia per le produzioni esecutive di opere estere, con un limite di 20 milioni di euro annui.

Il tax credit ha a che fare anche con il boom di capitali stranieri piovuti sull’audiovisivo italiano, perché previsto anche per l’estero. La legge Franceschini del 2016 ha previsto un credito d’imposta per la distribuzione internazionale dei prodotti italiani, prima riservato soltanto alla distribuzione sul Mercato interno. Inoltre, merita un cenno il bonus previsto per attrarre investimenti esteri, che è offerto alle imprese italiane di produzione esecutiva e di post-produzione che riescono a ottenere commesse da parte di imprese estere, determinando la localizzazione in Italia di alcune fasi dei processi produttivi.

Il tax credit estero

L’investimento totale per il quale è stato richiesto il credito d’imposta cosiddetto “estero” dal 2016 al 2023 ha superato il miliardo di euro. Secondo i dati del Ministero della Cultura, in totale i film soggetti al beneficio sono stati 186, per oltre 513 milioni di euro. Nel solo 2023 le opere sono state 31, per complessivi 167 milioni di euro, in calo rispetto al 2022 del 16%. Ma va notato che il credito richiesto nel solo 2022 (pari a 199,6 milioni) è più alto della somma degli anni precedenti analizzati.

Ma anche per il comune tax credit italiano la crescita è stata esponenziale. Si è passati dai 400 milioni del 2019 ad oltre 800 milioni, una cifra che fa storcere il naso ad alcuni. Il motivo è che i fondi sono erogati senza nessun tipo di selezione, e che non sempre si garantiscono ritorni in termini di guadagni. Alcuni film ricevono milioni pur non avendo spettatori al box office, è l’obiezione. Alla fine dello scorso anno il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano aveva espresso l’intenzione di voler rivedere la misura di sostegno. Aveva poi fatto seguito la protesta delle associazioni di settore. «Gli autori italiani seguono con preoccupazione la notizia di eventuali tagli al cinema e all’audiovisivo italiani, un settore che dopo anni di crisi sta finalmente trovando una grande vitalità» si leggeva nel comunicato congiunto a firma di 100autori, Anac e Writers Guild Italia. «In tutti i paesi avanzati, compresi gli USA, cinema e audiovisivo ricevono forti aiuti pubblici non solo per il loro evidente valore culturale e identitario, ma anche per il ruolo strategico che svolgono nel proiettare l’immagine del Paese a livello internazionale».  

Il Fus

L’audiovisivo italiano può contare anche su un altro filone di finanziamenti pubblici: il FUS, Fondo Unico per lo Spettacolo. Istituito con la legge 163/1985, l’idea era di finanziarlo ogni anno con un accantonamento nella Legge di Bilancio, in modo da evitare il rischio di un’eccessiva frammentazione dell’intervento statale nei settori delle attività musicali, di danza, teatrali, circensi e della cinematografia. Al settore degli audiovisivi era assegnato mediamente il 19% delle risorse del Fondo.

Lo stanziamento per la sezione cinema del FUS si è poi andato progressivamente riducendo nel trentennio precedente la Legge Franceschini del 2016. Da una media di oltre 100 milioni di euro nella seconda metà degli anni Ottanta si era passati a circa 77 milioni nel quinquennio 2012-16. In termini reali, una riduzione di quasi il 70%.

La riforma del Fus

Dopodiché, il Fondo è stato riformato. Quello attuale è alimentato direttamente da circa l’11% delle entrate erariali IRES e IVA derivanti dal settore audiovisivo. Una quota che nelle intenzioni del legislatore dovrebbe garantire un investimento pubblico nel comparto cinematografico di almeno 400 milioni di euro annui, una cifra ampiamente superiore agli stanziamenti per il FUS fatti registrare nei decenni precedenti. La particolarità è adesso che il sistema di finanziamento tende a creare un meccanismo cumulativo in base al quale è il successo di Mercato dei prodotti audiovisivi, registrato anche dagli introiti fiscali, ad alimentare lo stesso fondo. Somme che possono poi essere usate per ulteriori investimenti. La nuova legge mantiene comunque in vita alcune forme di contributo diretto alle diverse fasi della filiera audiovisiva (dalla scrittura alla produzione), attribuite da una commissione di esperti in base a una valutazione discrezionale delle proposte ricevute.                    ©

📸 Credits: Canva   

Articolo tratto dal numero del 1° ottobre 2024 de il Bollettino. Abbonati!

Giornalista professionista, classe 1981, di Roma. Fin da piccola con la passione per il giornalismo, dopo la laurea in Giurisprudenza e qualche esperienza all’estero ho cominciato a scrivere. All’inizio di cinema e spettacoli, poi di temi economici, legati in particolare al mondo del lavoro. Settore di cui mi occupo principalmente per Il Bollettino.