mercoledì, 16 Ottobre 2024

Laurearsi serve a trovare lavoro? Italia ultima in Europa per occupazione dei neo “dottori”

DiIlaria Mariotti

2 Ottobre 2024
Sommario

Italia all’ultimo posto in Europa per tasso di occupazione dei giovani (tra i 20 e i 34 anni) che abbiano conseguito il diploma o la laurea. Il 67,5% contro una media UE dell’83,5% (dati Eurostat) nonostante la disoccupazione continui a diminuire.

«Il confronto del trimestre giugno-agosto 2024 con quello precedente (marzo-maggio 2024) mostra un incremento nel numero di occupati dello 0,5% (pari a +114mila unità) ma anche di inattivi. La crescita dell’occupazione, osservata nel confronto trimestrale, si associa alla diminuzione delle persone in cerca di lavoro (-5,6%, pari a -97mila unità) e all’aumento degli inattivi (+0,6%, pari a +68mila unità)», dice l’Istat.

Perfino la Grecia precede il nostro Paese, con il 72,3%, e la Romania, con il 74,8. Chi c’è in testa? Malta con il 95,8%, seguita dai Paesi Bassi (93,2%) e dalla Germania (91,5%). E questo nonostante i laureati in Italia siano merce rara: sono solo il 26,8% dei 30-34enni. Significa che è meglio andare a lavorare piuttosto che studiare?

Il confronto con gli altri Paesi

C’è da fare una precisazione. I soggetti presi in considerazione sono «le persone che hanno conseguito almeno l’istruzione secondaria superiore» sottolinea Eurostat. Ma spesso i percorsi di studi all’estero sono più brevi rispetto all’Italia. Il concetto però non si muove di molto: la realtà di fatto è che, concluso un percorso di istruzione, i giovani italiani faticano a essere inseriti nel mondo del lavoro. Perché? Forse a mancare è un sistema di mismatch efficace, il fatto che il nostro tessuto produttivo sia costituito principalmente da PMI (quindi dove il titolo di studio non sempre viene richiesto per lavori artigianali)…

La fuga all’estero

Non c’è da stupirsi allora a leggere i dati sugli espatri. Il totale di chi emigra all’estero tra i 25 e i 34 anni non ha fatto che salire dal 2012 al 2020 (da 15.130 a 31.232 persone), salvo fermarsi nel 2021 per la pandemia. Tra loro la percentuale dei laureati è passata dal 27 al 45% in una decina d’anni. Nel 2021 il calo per l’effetto Covid-19: si è passati così a “soli” 24.889 migranti, di cui 14.379 laureati.

Ecco perché se ne vanno

«Il 32% dei laureati di secondo livello a cinque anni dal conseguimento del titolo ha dichiarato di aver lasciato il nostro Paese avendo ricevuto un’offerta di lavoro interessante da parte di un’azienda che ha sede all’estero, cui si aggiunge un ulteriore 27,4% che si è trasferito all’estero per mancanza di opportunità di lavoro adeguate», si legge nell’ultimo rapporto Almalaurea. E spesso tra i motivi per cui i ragazzi espatriano ci sono di mezzo le retribuzioni. «I laureati di secondo livello trasferitisi all’estero percepiscono, a un anno dalla laurea, 2.174 euro mensili netti, +56,1% rispetto ai 1.393 euro di coloro che sono rimasti in Italia».

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📸Credits: Canva

Giornalista professionista, classe 1981, di Roma. Fin da piccola con la passione per il giornalismo, dopo la laurea in Giurisprudenza e qualche esperienza all’estero ho cominciato a scrivere. All’inizio di cinema e spettacoli, poi di temi economici, legati in particolare al mondo del lavoro. Settore di cui mi occupo principalmente per Il Bollettino.