mercoledì, 16 Ottobre 2024

Members club: cresce la domanda di esclusività

Sommario

Inclusività: sembrerebbe essere questa la parola d’ordine degli ultimi anni. Dalla società, alla politica, all’economia, i modelli di Diversity, Equity and Inclusion sono dominanti. L’esclusività è dunque un fatto del passato? Le cose potrebbero non essere come sembrano. Così parrebbe, se non altro, dalla nuova fioritura cui stanno assistendo i members club, o circoli esclusivi. Ovunque, nelle grandi città, spuntano nuove realtà di questo tipo, mentre il Mercato cresce a ritmo costante. Le sue dimensioni sono state valutate a 48,9 miliardi di dollari nel 2021, ma si prevede che già entro il 2031 raggiungerà un valore complessivo di 91,4 miliardi di dollari, per un tasso di crescita annuo del 6,5%.

Eppure, si tratta di un modello piuttosto antiquato, almeno sulla carta. L’idea di circoli riservati a soli membri – uomini – selezionati secondo rigidi criteri di ingresso risale addirittura all’Inghilterra della fine del ‘600. Il vero e proprio boom dei club, però, è della prima metà dell’800, il periodo in cui è nata la maggior parte dei più antichi oggi esistenti.

Oggi, però, a fianco di questi veterani, roccaforti storiche delle aristocrazie nazionali, si inseriscono nuovi esemplari di circoli. In comune hanno l’esclusività, vera o presunta tale, rappresentata non tanto da minuziosi rituali di ammissione quanto dall’esorbitante ammontare delle quote d’ingresso richieste.

Ma i punti in comune si esauriscono qui. Per il resto, le novità sono parecchie e abbastanza sostanziali, a partire dallo scopo sociale: laddove i club classici sono associazioni tra gentiluomini spesso accomunati da valori, passioni o professioni condivise (a Londra esistono il Travellers e perfino il Farmers Club), i nuovi circoli sono vere e proprie imprese, con tanto di CEO e investitori.

Vecchi e nuovi arrivati

Un perfetto modello di questo cambio di paradigma è il caso di Londra, capitale storica dei members club. Qui, il contrasto tra nuovi e vecchi ritrovi della upper class è più evidente che mai. Da un lato, troviamo il grande spolvero di circoli come il Garrick, fondato nel 1831 in onore dell’attore David Garrick, ma oggi frequentato di preferenza dall’élite di avvocati, procuratori, ma anche Lord e deputati della Capitale. Si tratta di un vero e proprio tempio dei “gruppi che contano”: si entra solo se presentati da altri soci e dopo un voto favorevole a maggioranza qualificata. Insomma, impossibile entrare, a meno di avere le conoscenze giuste. Il circolo è talmente esclusivo che fino a maggio di quest’anno era riservato ai soli gentiluomini, per la grande delusione delle più intraprendenti socialite della vita mondana londinese.

Diversamente frequentato e ben più recente, ma con un retaggio almeno altrettanto importante è il Groucho. Fondato nel 1965 e punto d’incontro per gli esponenti del mondo della musica e dell’arte. Tra i suoi membri storici, star del calibro di Bono, Dustin Hoffman e Freddie Mercury, ma anche la modella Kate Moss e politici come Bill Clinton.

Ma non sono i soli circoli di lungo corso: a contendersi la piazza ce n’è decine di altri. Dai già citati Travellers – per viaggiatori e diplomatici – e Farmers Club – per proprietari terrieri, all’Oxford and Cambridge Club, per studenti e alumni delle due università. Si giunge poi all’Athenaeum, fondato nel 1824, con 50 premi nobel all’attivo, e al White’s, il più antico del mondo, fondato nel 1693.

Ma a quanto pare, nemmeno la profusione di scelte a disposizione basta a soddisfare la domanda di club esclusivi. E ormai a contendere le quote degli inglesi più facoltosi ci sono anche diversi nuovi arrivi.

L’Ivy Club, ad esempio, fondato nel 2008, rientra a pieno titolo nella nuova categoria di circoli “a scopo di lucro”. A fondarlo, non a caso, è il gruppo guidato dall’imprenditore britannico Richard Caring, che gestisce il ristorante The Ivy, un nome già noto in città. A differenza dei suoi più abbottonati rivali, l’Ivy si anima soprattutto di sera e di notte, quando gli ospiti possono meglio apprezzare i suoi menu raffinati e la discoteca riservata ai soci. Un altro esempio ancora più recente e anticonvenzionale è quello di The House of KOKO. Nato nel 2022 nel contesto del quartiere di Camden Town, ripropone in realtà in una nuova veste un omonima da concerto già stabilita sul posto per decenni. Per tre anni aveva chiuso, causa rimodernamento dei locali, che ha incluso appunto la nascita del nuovo members club.

Nella Grande Mela

New York è forse il luogo dove la nuova cultura dei circoli ha attecchito di più, assumendo nuove forme per adattarsi allo stile di vita di Oltreoceano. Anche qui, però, il seme è stato gettato dalla capitale inglese: tutto nasce quando nel 2003 Soho House – club per creativi nato 8 anni prima nell’omonimo quartiere londinese – apre una nuova sezione, Soho House New York. Certo, la città non è priva dei suoi circoli storici riservati al fiore dell’aristocrazia transatlantica: su tutti, lo Union Club e il suo più famoso discendente, il Knickerbocker Club, che può vantare tra i membri del passato un paio di presidenti americani e intellettuali del calibro di Thomas Stearns Eliot.

Ma la Grande Mela, vera e propria capitale culturale degli USA – nonché la città con più milionari al mondo, avendone 349,500, secondo New World Wealth – si è da subito mostrata aperta alla novità in arrivo. Qui la passione inglese per i circoli d’élite si è fusa con il senso americano per gli affari, generando un vero e proprio Mercato. E la tendenza non pare arrestarsi, complice anche il Covid-19, durante il quale i club avrebbero talvolta beneficiato di eccezioni alle regole di sicurezza.

Tra le più recenti fondazioni si annovera quella di The CORE, aperto nel 2005 ma che debutta dal 2023 in nuova posizione a Midtown Manhattan. Per essere ammessi, bisogna passare attraverso una selezione: il criterio, essere un’eccellenza in uno dei 15 ambiti di preferenza, tra cui finanza, moda e intrattenimento. Per chi vuole essere al centro della vivace vita culturale metropolitana c’è invece Zero Bond, fondato nel 2020. Le pareti adorne di opere di Andy Warhol e Keith Haring hanno già ospitato eventi del calibro degli after party del Met Gala. In più, l’oscura procedura di selezione basata sul “carattere” garantisce un alone di mistero e inarrivabilità che non possono che giovare alla reputazione.

L’hospitality

Più di qualsiasi altro settore, a giovarsi del boom dei circoli è stata quello di alberghi e ristoranti. A trasformare uno stile di vita in un Mercato, non a caso, sono soprattutto esponenti di questo mondo. Oltre al già citato esempio di Ivy, una storia di successo viene da una società italiana. Si tratta di Cipriani, la leggendaria famiglia di albergatori e ristoratori proprietaria dell’omonimo Caffè a Venezia e di altre venue di alto livello, sinonimo di eccellenza in tutto il mondo.

Nel 2021 la famiglia ha scelto di aprire a New York Casa Cipriani, un ristorante e hotel con annesso club esclusivo. Situtato nello storico Battery Maritime Building, in stile Beaux Arts e affacciato sulla Upper Bay di Manhattan, il circolo ha da subito attirato l’attenzione del jet-set newyorchese, conquistandosi un posto nel cuore della città. A seguire, la fondazione di Casa Cipriani Milano, in Via Palestro, nel 2023. E presto, anche grazie a una levata di fondi da 500 milioni per l’internazionalizzazione, l’apertura di una nuova sede a Miami.

I travel club

Ma l’hospitality non è l’unico comparto interessato: assecondando i capricci della clientela più abbiente, la gamma di servizi e prodotti offerti da questo tipo di club si è espansa fino a toccare gli ambiti più disparati. Un contesto particolarmente interessante dal punto dei vista dei nuovi sviluppi è quello dei viaggi, con lo sviluppo di circoli appositi. Il concept è semplice: in cambio di una tassa di ingresso e di un ulteriore versamento annuale, spesso variabile a seconda dei piani prescelti, i clienti possono godersi ogni anno un certo numero di giorni di vacanza in una delle location di lusso messe a disposizione. Il club si occupa di tutto, dalla prenotazione dei voli alla spesa sul luogo, lasciando così i viaggiatori liberi di godersi le ferie.

In questo caso, l’esclusività è in qualche modo sacrificata a favore degli affari. Uno dei principali club di questo tipo, l’Exclusive Traveler Club, che dispone di un portafogli di proprietà miliardario, comprende ben 85mila membri. Ma questa fetta di Mercato è estremamente segmentata, con circoli di gamma più alta che vantano un numero ben inferiore di soci – e tariffe decisamente proibitive: Exclusive Resorts, ad esempio, chiede 195mila dollari per un piano decennale, più un minimo di 42mila dollari l’anno.

Vantaggi esclusivi

Comfort e lusso non sono gli unici aspetti ad attirare greggi di vip e multimilionari verso i club esclusivi. Se così fosse, non ci sarebbe differenza tra un qualsiasi albergo o ristorante stellati. Ciò che fa la differenza, il vero prodotto in vendita, è proprio l’esclusività e l’inaccessibilità ai più. In questo, si tratta di un tratto che accomuna tanto i nuovi circoli quanto quelli vecchio stile, che non a caso non smettono di attrarre numerose candidature da altrettanti ambiziosi e facoltosi, aristocratici e non. Si tratta anzitutto di un fattore psicologico: far parte di una cerchia tanto ristretta ed elitaria è il desiderio – e l’orgoglio – di molti.

Non per nulla, la domanda di membership è altissima nonostante – e forse anche grazie – ai costi esorbitanti imposti da certi circoli. A New York, ad esempio, l’Aman, situato all’interno di un hotel di lusso del Crown Building, chiede 200mila dollari per l’iscrizione e 15mila ogni anno. Casa Cruz, invece, che tecnicamente è un ristorante con “privilegi speciali” per soci, arriva a far pagare 250mila dollari per diventarne parte.

Ma l’esclusività ha anche risvolti estremamente concreti: un aspetto, per esempio, mutuato dai members club come il Garrick, è quello della privacy. I membri sono tenuti al massimo riserbo riguardo al contenuto delle conversazioni che avvengono tra le mura del circolo. In più, un fatto non indifferente nel 2024, molte venue cercano di tutelarsi dallo sguardo intrusivo dei social network.

Un perfetto esempio di una versione moderna di queste regole è quello del Lucid Club, nato a Milano all’interno dello storico Palazzo Bagatti Valsecchi, in Via Gesù. Per mantenere la massima segretezza su quanto avviene al suo interno, ai membri non è consentito scattare foto né video.

Infine, non va sottovalutata l’opportunità di espandere il proprio network in ambienti del genere. Nell’era della comunicazione costante, in cui stabilire collegamenti con chiunque pare semplice e immediato, è proprio l’esclusività dei contatti a fare la differenza.

E in Italia?

Quanto al nostro Paese, pare essere stato raggiunto a sua volta dalla febbre dei nuovi circoli. Certo, i vecchi club per soli gentiluomini continuano a essere diffusi – né l’esclusione delle donne pare scandalizzare come nel Regno Unito, dove l’ampia maggioranza dei circoli sono stati aperti alla presenza femminile. A Roma rimangono attivi il Nuovo circolo degli scacchi e il Circolo della Caccia, mentre a Torino e Firenze dominano rispettivamente la Società del Whist e il Circolo dell’Unione, presente anche a Milano e dal retaggio nobiliare di lunga data. Sempre all’ombra del duomo, non si possono non citare la Società del Giardino, attiva dal 1783, e il Clubino, che ebbe come socio Gianni Agnelli.

Al contempo, però, sorgono nuovi circoli per soddisfare le rinnovate esigenze e la domanda della clientela dei super ricchi. Milano, in particolare, ne vede nascere parecchi. La già citata Casa Cipriani di Via Palestro riprende l’ideale dell’omologa di Oltreoceano, e nel giro di due anni è già divenuta un passaggio quasi obbligato durante grandi eventi di moda e arte in città. Sempre a Milano, è attivo l’Ariosto Social Club, non lontano dal Castello Sforzesco. In una dimora degli inizi del novecento ospita 20 appartamenti, uno spazio benessere e un bistrot con tanto di chef stellato. Questo ottobre, invece, apre The Wilde. È opera della società di Private Equity Three Hills Capital Partners, basata a Londra ma guidata dall’Italiano Mauro Moretti, già investitore del ristorante Sant Ambroeus.

A Roma, nel frattempo, è stata inaugurata Soho House, con tanto di terrazza panoramica e piscina nel distretto artistico di San Lorenzo. Attesissima è anche l’apertura del club londinese a Milano: dopo aver abbandonato il progetto iniziale di Brera, devia verso l’ex cinema Arti di San Babila, dove dovrebbe aprire nel 2026. Rischia di disperare chi, invece, attendeva l’apertura imminente del CORE di New York nel capoluogo lombardo. Dopo anni di lavori per ristrutturare lo stabile prescelto in Corso Matteotti, il progetto, che doveva essere inaugurato nel 2020, pare arenato.

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Articolo tratto dal numero del 15 ottobre 2024 de il Bollettino. Abbonati!

📸 Credits: Canva

Da sempre appassionato di temi finanziari, per Il Bollettino mi occupo principalmente del settore bancario e di esteri. Curo una rubrica video settimanale in cui tratto temi finanziari in formato "pop".